L’ultimo episodio emerso risale più o meno ad un mese fa, quando una dottoressa in servizio all’ospedale di Foligno è stata aggredita dal familiare di un paziente, dimesso qualche tempo prima. L’uomo, secondo quanto reso noto, avrebbe raggiunto il reparto e lì avrebbe fermato la professionista per chiedere conto, in maniera aggressiva appunto, di alcune questioni riguardanti il paziente.
A segnalare l’episodio sono oggi le sigle sindacali (Cgil Medici, Cisl Medici, Cimo, Aaroi Emac, Anaao Assomed, Fassid, Uil Fpl Medici, Fvm e Fesmed) che, con una nota congiunta inviata ormai un paio di settimane fa ai vertici dell’Usl Umbria 2, chiedono la convocazione del Comitato unico di garanzia per fare luce non solo sull’ultimo fatto registrato ma anche per avere contezza di quanti episodi simili, non denunciati, si siano verificati nel corso dell’ultimo periodo.
Episodi che, come riportano le cronache sempre più spesso, sembrano verificarsi ormai con una certa frequenza attraverso minacce verbali e fisiche ai danni del personale medico e più in generale di quello sanitario. “È necessario che si prendano delle contromisure che tutelino i dipendenti” commenta il dottor Francesco Corea del Cimo, spiegando come le vittime di aggressioni di si sentano in pericolo non solo durante i turni di lavoro ma anche quando, tolto il camice, lasciano l’ospedale.
“La legge numero 13 del 2020 – commenta il dottor Corea – circostanzia questi atti di interruzione di pubblico servizio e di violenza, prevedendo punizioni severe ma non l’obbligatorietà d’azione da parte dell’azienda sanitaria o dell’ospedale, per cui il medico deve provvedere da sé. Il Ministero della Salute, inoltre, ha emanato delle linee guida, che sono però facoltative, a tutela dei sanitari – prosegue -. In quest’ottica, vorremmo sapere se l’Usl 2 ha previsto o prevede un piano di lavoro per ridurre l’esposizione del personale a questi eventi”.
Tra i correttivi su cui si potrebbe lavorare secondo quanto spiegato dal dottor Corea, ci sarebbe in primis la chiusura degli accessi ai reparti per evitare l’ingresso di persone non autorizzate. “Bisognerebbe separare gli operatori dagli utenti – commenta -, creare percorsi differenziati per evitare che chiunque possa entrate all’interno di ambienti protetti. Così come si potrebbe pensare ad una sorta di ‘codice rosa’, che permetta alle dottoresse in difficoltà, anche se il fenomeno riguarda anche gli uomini, di allertare in maniera immediata le forze dell’ordine. O ancora predisporre nell’ambito dell’Ufficio relazioni con il pubblico un servizio che consenta di accogliere tutte le richieste degli utenti. Ci auguriamo – sottolinea – che dall’Usl 2 arrivino risposte sollecite a tutela dell’immagine dell’ospedale, dei professionisti e della qualità del lavoro e delle cure. Perché non si può passare sopra ad episodi di violenza nei confronti del personale ospedaliero”.
Da qui, dunque, la richiesta di convocazione del Comitato unico integrato, composto in parte da rappresentanti sindacali e in parte dai dipendenti, per analizzare la situazione e individuare le migliori soluzioni. “Occorre il raggiungimento di un numero legale per attivare il Cug – conclude – ma le sottoscrizioni ricevute da parte di diversi sindacati dovrebbero essere sufficienti”.