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Più di 60 auto vendute in Umbria senza versare l’Iva: frode per circa 900mila euro

Nei guai il titolare di una società romana che riforniva un autosalone del Folignate e che ora rischia sanzioni fino a 2,3 milioni di euro. L’indagine segue l’operazione condotta lo scorso mese di maggio sempre sul territorio e che aveva portato alla denuncia di undici persone

Pubblicato il 14 Novembre 2024 12:46 - Modificato il 15 Novembre 2024 16:41

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Nuovi sviluppi nell’indagine della Procura di Spoleto che lo scorso mese di maggio aveva accertato un’evasione dell’Iva pari a 2,5 milioni di euro da parte di una società operante nel settore dell’automotive con sede legale nel Folignate. Società che, lo ricordiamo, aveva venduto più di 500 autovetture ad altrettanti clienti, che ignoravano però le procedure messe in atto per evitare il versamento all’erario dell’imposta sul valore aggiunto e che aveva portato alla denuncia di 11 persone.

L’ultimo accertamento amministrativo, invece, ha permesso di individuare una società romana, fornitrice di un autosalone del comprensorio di Foligno, accusata di aver evaso l’Iva per circa 900mila euro. Condotta dai funzionari del reparto antifrode dell’Ufficio delle dogane di Perugia, in collaborazione con la polizia stradale del capoluogo, l’operazione ha portato in questo caso alla denuncia del titolare della società, che rischia ora sanzioni fino a 2,3 milioni di euro.

Entrando nel dettaglio, l’indagine ha permesso di accertare come più di 60 autovetture, anche di grossa cilindrata e di note case costruttrici, fossero state acquistate dal mercato tedesco, promosse per la vendita tramite siti internet specializzati e vendute attraverso l’autosalone umbro, anche in questo caso, ad acquirenti ignari del mancato versamento dell’Iva. Clienti che, sentiti dagli inquirenti, hanno disconosciuto le firme apposte sulla documentazione che veniva di volta in volta presentata agli Uffici della Motorizzazione per l’immatricolazione dei mezzi in Italia. Alle oltre 60 auto “recapitate” all’autosalone folignate se ne andrebbero ad aggiungere anche delle altre vendute in alcune regioni sempre del Centro Italia per una frode che, come detto, si attesta complessivamente intorno ai 900mila euro.

In particolare, secondo quanto emerso, “la società romana aveva assunto il ruolo di soggetto giuridico interposto, ovvero di società in capo alla quale cumulare il debito dell’imposta conseguente alla commercializzazione in Italia delle immatricolazioni, che avvenivano utilizzando falsa documentazione commerciale e false dichiarazioni di atto notorio, con le quali gli ignari clienti dichiaravano di avere effettuato l’acquisto direttamente in Germania e quindi di poter beneficiare delle condizioni di esenzione previste dalla normativa in quanto le imposte sarebbero state assolte in un altro Stato membro dell’Unione Europea”. Fondamentale la collaborazione con l’Autorità doganale tedesca che ha fornito documentazione e informazioni che hanno consentito di accertare il modus operandi fraudolento. 

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