Centosettantamila euro di ricavi non dichiarati. È la ricostruzione fatta dagli uomini della guardia di finanza della Compagnia di Foligno nei confronti di un allevatore di cani di razza di Trevi che, negli ultimi cinque anni, avrebbe omesso di dichiarare al fisco ricavi per oltre 170mila euro. Lagotto romagnolo, Sprienger Spaniel e Labrador i cani di ragazza allevati dall’uomo, sottoposto a controllo a seguito di una mirata attività info-investigativa – fanno sapere le Fiamme gialle – supportata da riscontri documentali presso l’Usl di riferimento. Nel dettaglio, gli accertamenti effettuati dalla guardia di finanza hanno fatto emergere che l’allevatore aveva provveduto a iscrivere all’anagrafe canina oltre 280 esemplari di cani che sono risultati essere stati venduti senza il rilascio di alcun documento fiscale, operando completamente “in nero” o, in altri casi, con l’indicazione di un corrispettivo inferiore a quello reale.
La ricostruzione della posizione reddituale, correlata alla normativa regionale di riferimento, ha consentito di acquisire elementi idonei a far emergere le caratteristiche di sistematicità, continuità e organizzazione “professionale” e “non amatoriale” dell’attività esercitata dall’allevatore, a partire già dal 2020: i correlati proventi non dichiarati al fisco, sono stati ricondotti, quindi, nell’ambito del reddito d’impresa.
In tale quadro, è stata richiesta e ottenuta, alla locale Agenzia delle Entrate, l’apertura di una partita IVA d’ufficio, cui attribuire gli importi sottratti a tassazione.
Al fine di verificare l’individuazione dei microchip apposti sui cani e, soprattutto, le complessive situazioni di salute dei cuccioli, i militari si sono avvalsi della preziosa collaborazione di personale veterinario dell’Azienda sanitaria di Perugia.
La guardia di finanza fa sapere che i controlli proseguiranno su ulteriori allevatori. A portarli avanti i Reparti territoriali del Comando di Perugia, al fine di verificare possibili soggetti completamente sconosciuti al fisco, ovvero casi in cui, dietro un’apparenza di attività “amatoriale” si possano celare vere e proprie attività professionali, che dichiarano redditi inferiori a quelli reali.