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Dal Tibet a Foligno: un gruppo di giovani agricoltori porta le bacche di Goji in Umbria

Pubblicato il 6 Maggio 2016 11:02 - Modificato il 5 Settembre 2023 20:32

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E’ la scommessa di un gruppo di giovani agricoltori folignati che hanno deciso di puntare su quello che i cinesi definiscono il “diamante rosso”. Stiamo parlando del Goji, la pianta che cresce nelle valli himalayane ed in particolar modo in Tibet, che ora viene coltivata anche a Foligno. Le sue bacche sono un energizzante naturale. In Oriente vengono considerate da più di 2000 anni un rimedio naturale che aiuta a mantenere l’organismo in salute. Chiamate anche “frutto della longevità”, sono ricche di fibre e fonte di manganese ed avrebbero potenti qualità anti-age. Da circa un anno il Goji è stato trapiantato nell’azienda agricola di Guido Santocchi, che insieme ai figli Simone e Andrea e ad Alessio Sguerra hanno dato vita ad una scommessa sin qui vincente. Insieme a mamma Maria Patrizia e alle mogli Catia, Daniela e Monica, hanno dato vita ad un esperimento che – è proprio il caso di dirlo – ha già dato i suoi frutti. “Tutto è partito due anni fa, quando ci hanno parlato delle bacche come potente antiossidante – spiegano i fratelli Santocchi – abbiamo allora deciso di seminare mille piante di Goji. Eravamo un po’ scettici, perché non sapevamo se si sarebbero adattate al nostro clima – proseguono – ed invece già dalla scorsa estate abbiamo potuto raccogliere qualcosa”. In questi mesi è arrivata l’iscrizione al Rup, con i tecnici regionali che hanno fatto visita al loro terreno. “Le bacche sono inoltre state fatte analizzare anche dall’Università di Perugia – spiega il gruppo di giovani agricoltori – e possiamo dire che siamo tra i primi in Italia a coltivare queste piante, riuscendo a produrre prodotti freschi e non importando solamente quelli essiccati. Forse è il primo caso – affermano scherzando – che noi italiani copiamo i cinesi”. Che riscontri avete avuto sin qui? “Il 90% delle persone non conosce questo frutto e nemmeno le sue qualità – affermano – ma per noi è diventato un alimento insostituibile”. Simone Santocchi di professione è uno chef e giura: “Ci si può preparare tutto. Dagli antipasti ai primi, passando per secondi e dolci. Le ho provate anche con gli gnocchi al Sagrantino”. E così come il famoso vitigno del montefalchese, anche le bacche devono essere trattate con i “guanti”. Vanno infatti colte una a una, senza compromettere il picciolo. Le piante hanno una vita media di 50/70 anni e quelle fatte crescere dai giovani agricoltori folignati dovrebbero entrare a pieno regime tra circa tre anni, per una produzione massima di 8 chili ognuna. “Per noi – sostengono in coro i produttori folignati – questa è una scommessa ed un secondo lavoro. Speriamo che presto possa la nostra principale attività, certificando le nostre bacche come prodotto bio”.

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