Il Sagrantino di Montefalco è nella top ten dei vini per incremento delle vendite. Lo dice l’analisi di Coldiretti sui dati Infoscan Census riferiti allo scorso anno e diffusa in queste ore in occasione di Vinitaly. Una delle maggiori vetrine mondiali per i produttori di settore, partita domenica a Verona per terminare mercoledì, dove sono state esposte proprio le bottiglie che hanno messo a segno le migliori performance. Nella speciale classifica, il Sagrantino di Montefalco si piazza settimo, con un aumento del 16% dei consumi in volume, facendo meglio della marchigiana Passerina (+14%), del toscano Brunello di Montalcino (+13%) e del Grillo di Sicilia (+13%). Il podio è occupato invece da etichette del Nord Italia, ossia il Lugana lombardo (+34%), l’Amarone (+32%) e il Valpolicella Ripasso (+26%), entrambi veneti. “La top ten evidenzia risultati sorprendenti – osservano da Coldiretti -, con un profondo cambiamento nelle abitudini di consumo degli italiani che, in tempo di pandemia e tensioni internazionali, premiano anche negli acquisti di vino le produzioni legate al territorio”. Nella classifica dei primi dieci vini che nel periodo considerato in Italia hanno fatto registrare il maggior incremento delle vendite, infatti, nessuno è internazionale. Gli italiani sembrano quindi riscoprire i vini autoctoni “e – come sottolineato da Coldiretti – bere patriottico nel tempo della globalizzazione”. Per l’associazione si tratta di una conferma della qualità offerta, raggiunta grazie alla biodiversità e alla tradizione della viticoltura tricolore. “Il futuro dell’agricoltura italiana dipende dalle capacità di promuovere e tutelare le distintività territoriali, chiavi del successo nel settore del vino – ha commentato il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini -. Un patrimonio del ‘made in Italy’ che va difeso e valorizzato anche a livello internazionale”.
AUR – Un concetto su cui riflette anche per Giuseppe Coco dell’Agenzia Umbria Ricerche che, nel suo focus “Vino e arte, potenti attrattori”, pone in particolare l’accento sulla valorizzazione delle cantine quali poli di riferimento per tutto ciò che è arte in generale. In virtù della vertiginosa crescita negli ultimi anni della qualità del vino italiano in ambito internazionale, Coco vede nella valorizzazione delle cantine un ottimo strumento per aumentare i flussi turistici legati all’enoturismo. “Se il vino può essere considerato un’arte e gli agronomi ed enologi degli artisti – osserva – le cantine costruite in una certa maniera possono trasformarsi in nuovi potenti attrattori turistici”. Secondo Coco, occorrono in questo senso idee ed investimenti, anche in Umbria. Citando l’esempio delle cantine Lungarotti e del museo del vino “Muvit”, così come l’investimento della famiglia Lunelli per la realizzazione della cantina “Carapace” a Bevagna, Coco lancia l’idea di un esperimento pilota per l’estate 2023: ovvero una mostra sull’arte contemporanea diffusa tra le principali cantine umbre. Insomma, progetti per ottimizzare al meglio le grandi potenzialità della regione. Potenzialità certificate anche dai dati Istat elaborati da Aur relativi alle quantità di vino prodotte. Numeri alla mano, la produzione di vini bianchi Dop in Umbria nel 2021 tocca quota 155.663 ettolitri, mentre quella di rosso e rosato arriva a 133.120 ettolitri. Nello stesso anno, gli ettolitri di bianco Igp prodotti sono stati 98.797 e quelli di rosso e rosato 154.372. “Numeri molto importanti – commenta Coco – che assumono ancor più valore considerando che i produttori umbri stanno scommettendo sempre più sulla qualità che, ovviamente, richiede spesso un certo sacrificio delle quantità prodotte”.