La nuova medicina territoriale – Case di Comunità, Ospedali di Comunità (OdC) e quant’altro -, presentata come il necessario supporto per ottimizzare il difficile e carente apparato del Servizio sanitario nazionale e finanziata con i fondi del Pnrr, rischia il naufragio prima del varo. Si è molto dibattuto sul fatto che i fondi del Pnrr finanziassero solo le strutture e non il personale che dovrebbe farle funzionare. E anche ora che questi fondi cominciano ad arrivare l’allarme non si placa, perché il rischio che saranno insufficienti è praticamente una certezza, stando ai numeri attuali. Il Ministero della Salute ha infatti emanato un Decreto, pubblicato in Gazzetta nell’aprile scorso, intervenendo con un riparto delle risorse tra le regioni che per l’Umbria, per il 2023, rappresenta lo 0,4% del bilancio annuale del personale delle aziende sanitarie. Praticamente 2,2 milioni di euro in più su un bilancio di 539 milioni di euro.
Dall’esame del Decreto si evince che per l’Umbria il riparto porterà ad un incremento del bilancio su 4 anni, di soli 27 milioni di euro che per il 2026 (anno in cui tutte le strutture dovrebbero essere operative) prevede un finanziamento di 13 milioni di euro.
Bastano questi soldi? O meglio, sarebbe legittimo chiedersi, quanti soldi in più servirebbero in termini di risorse umane per attuare in Umbria il progetto della medicina territoriale? Questa risposta ad oggi nessuno l’ha mai data. O ancora peggio, forse nessuno si è posto la domanda.
Per l’Umbria esiste solo un’analisi delle possibili risorse umane necessarie senza mai parlare di costi corrispondenti né tantomeno della formazione sistemica che sarebbe fondamentale per tutto il personale coinvolto.
Partiamo con il dire che l’analisi a firma dell’assessore regionale alla Sanità non tiene in adeguata considerazione il personale medico. Per esso infatti esiste solo una limitata valutazione in merito alle Unità di continuità assistenziali (per intenderci le attuali guardie mediche) dove sono previsti solo 9 medici.
Più recentemente due nuove delibere una nell’ambito delle linee di indirizzo degli Ospedali di Comunità (OdC), l’altra avente ad obiettivo il Piano di efficientamento e riqualificazione del Sistema sanitario regionale (SSR) hanno messo mano appunto a quest’ultimo ma purtroppo aumentando confusione e criticità. Ad esempio per gli OdC si parla di un medico scelto tra i medici dipendenti o convenzionati con il SSR o un medico appositamente incaricato dalla direzione della struttura per almeno 4/5 ore al giorno, 6 giorni su 7, caricando però questa figura di numero responsabilità che certamente non potranno essere svolte nelle 4 ore immaginate. Altrettanto curioso, sempre nella prima delibera, è il capitolo dell’assistenza che per quella notturna (20-08), festiva e prefestiva, chiama in causa i medici della continuità assistenziale che però devono essere obbligatoriamente presenti nelle Case di Comunità (CdC). Il Piano di efficientamento e riqualificazione del Sistema sanitario regionale trascura totalmente il problema delle risorse umane sposando a spada tratta il molto criticabile DM 70/2015 e infierendo su molti capitoli di spesa (unica nota positiva il richiamo sulla riduzione dei costi per le locazioni passive) evocando lo slogan dell’aumento della produttività (per altro con numeri sulle CdC e sugli OdC che non rispondono a quelli considerati nelle precedenti Delibere e nel vigente Piano operativo regionale mancando rispettivamente di una unità) con un taglio complessivo richiesto di quasi 28 Milioni di euro rispetto ai dati del 2022. Insomma un bel caos.
Tornando all’analisi e andando a vedere le cifre si scopre che per il personale infermieristico ci si muove complessivamente in una forchetta tra 309 e 449 unità di fabbisogno. Per gli OdC il personale Oss (Operatrici socio sanitarie) si muove in una forchetta tra 68 e 102 a cui dobbiamo aggiungere il personale sanitario riabilitativo in una forchetta tra 17 e 34 unità. Per le CdC (una ogni 40.000 abitanti) sono previsto 22 assistenti sociali (uno ogni 40.000 abitanti, numero assolutamente inadeguato, senza tra l’altro nessun psicologo previsto) a cui va aggiunto il personale di supporto socio sanitario ed amministrativo stimato con una forchetta tra 110 e 176 unità. Insomma, si parla in totale di assumere (utilizzando il valore medio delle forchette) circa 600 persone (attenzione, come si diceva con soli 9 medici, cosa completamente assurda) con un aggravio di costo di circa 20 milioni di euro all’anno. Quindi ecco la risposta. I soldi non bastano. Per il solo 2026 ce ne vorrebbero ben oltre il doppio.
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Bruno Checcucci, esperto di attività di trasferimento tecnologico, Pnrr e finanziamenti pubblici