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Spoleto, alla Rocca Albornoziana celebrati i 200 anni della polizia penitenziaria

Pubblicato il 24 Settembre 2017 09:15 - Modificato il 5 Settembre 2023 16:43

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E’ stata una giornata dove i ricordi l’hanno fatta da padrona. Ed è stata celebrata in un luogo che quegli stessi ricordi li evoca in maniera ancor più forte. Sì, perché il compleanno, il duecentesimo, del Corpo della polizia penitenziaria, a Spoleto, non poteva che essere celebrata in un luogo ben preciso. Se oggi la Rocca Albornoziana è uno dei siti culturali più importanti della città, non si può non ricordare che quel monumento simbolo della città, per 165 anni, esattamente dal 1817 al 1982, è stato un carcere. E così, per festeggiare a dovere i 200 anni dalla nascita, la polizia penitenziaria di Spoleto ha deciso di organizzare la festa del suo bicentenario proprio alla Rocca Albornoziana, al cospetto di tutta la città, che ha risposto come meglio non avrebbe potuto. In una affollata sala Antonini, istituzioni civili e militari, ma anche gente comune, ha ascoltato i vari interventi che si sono succeduti nel corso della mattinata, per poi non perdere nemmeno un attimo del film che ha ripercorso la storia della vita carceraria “com’era e com’è”. Con foto di coloro che lì dentro hanno lavorato, e in alcuni casi lavorano ancora, ricordando comunque chi non c’è più ma è rimasto nei ricordi di chi oggi ha l’arduo compito di vigilare ed educare al reinserimento degli oltre 400 detenuti reclusi all’interno del carcere di Maiano di Spoleto. “Abbiamo voluto raccontare il nostro lavoro, la casa di reclusione di Spoleto, e il suo rapporto con la città – sono state le parole del commissario capo Marco Piersigilli al termine del film – la nostra è una città nella città, e come nelle città di tutto il Paese e dell’Europa, ospitiamo un gran numero di stranieri, e quindi è necessario aumentare il livello di sicurezza. Le piccole comunità straniere devono essere monitorate e osservate continuamente, incluse e mai abbandonate”. E tutto questo per far capire ai presenti, semmai ce ne fosse stato bisogno, che il lavoro della polizia penitenziaria “non è come tutti gli altri – ha aggiunto Piersigilli – siamo a contatto diretto con il disagio sociale, l’emarginazione e ci occupiamo di persone che dipenderanno per anni dalle istituzioni”. E a dimostrare il grande impegno a cui sono chiamati gli agenti, di ogni ordine e grado, della polizia penitenziaria di Spoleto, ci sono i numeri, e sono riferiti a questi primi nove mesi dell’anno. Il reparto, come ha spiegato il commissario capo, ha assicurato “139 ingressi, di cui 86 da altri istituti – ha spiegato Piersigilli – 33 dimissioni di fine pena e ulteriori 9 a vario titolo,  21 arresti domiciliari e 10 di detenzione domiciliare, 20 affidamenti in prova ai servizi sociali, 4 espulsioni, 1 estradato, 653 videoconferenze con aule di giustizia e 464 traduzioni effettuate sul territorio nazionale per un totale di 668 detenuti tradotti”.  Ma il reparto ha dovuto far fronte anche a eventi critici, come, tra gli altri, 35 atti di autolesionismo, 14 colluttazioni tra detenuti, un tentato suicidio e un altro, purtroppo, riuscito. “Un evento che deve chiamare tutti a una riflessione sulla difficoltà del nostro operato”, ha concluso Piersigilli. Ha chiuso la mattinata di festa l’intervento del direttore dell’Istituto penitenziario di Spoleto, Luca Sardella. 

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