Tanto lontani quanto vicini. E’ la storia di Raul e Manuel, due giovani accumunati da un destino simile. Il destino di chi sceglie di passare qualche ora in spensieratezza con i propri amici e si ritrova vittima della follia di alcuni balordi. Manuel Bortuzzo è la ventenne promessa del nuoto italiano, centrato a inizio febbraio da un colpo di pistola mentre era all’esterno di un locale a Roma. Il proiettile che lo ha ferito è stato sparato da due suoi coetanei che nemmeno lo conoscevano. L’unica colpa di Manuel è stata quella di trovarsi lì per sbaglio. E chissà cosa sarà passato nella mente di Raul mentre ascoltava la storia di Manuel al telegiornale. Lui che lo scorso luglio è stato picchiato selvaggiamente fuori da una discoteca di Foligno. Episodi simili, che raccontano di ragazzi per bene, costretti a fare per sempre i conti con i segni di una violenza senza motivazione. Raul ha passato dieci giorni in ospedale, proseguendo poi la convalescenza sul letto di casa per cinque mesi. Oggi, a distanza di otto mesi da quella drammatica sera, il giovane folignate è stato ricevuto in Comune dal sindaco Nando Mismetti e dal vicesindaco Rita Barbetti. Il ragazzo sta portando avanti la sua battaglia legale contro chi lo ha malmenato, rischiando di fargli perdere l’uso delle gambe. Ma la sua è una battaglia soprattutto morale, affinché ciò che gli è accaduto non si ripeta più. “Ho scelto di non tacere, cercando di dare il mio contributo per provare a cambiare qualcosa – afferma Raul nell’incontro con le istituzioni -. Se non si denuncia e non si dà il proprio contributo, diventiamo tutti complici”. Il riferimento va a chi nei giorni seguenti ha collaborato con le forze dell’ordine, ma soprattutto a coloro che hanno preferito la strada del silenzio. “Pensavo che l’omertà esistesse altrove, ed invece ho scoperto che è anche qui, tra le persone vicine a me – racconta Raul -. Io posso guardarmi allo specchio e penso di avere più dignità di chi non ha denunciato quanto avvenuto. Sto portando avanti questa battaglia per la mia dignità, per i miei familiari e per le persone che hanno dimostrato di volermi bene”. In una lettera consegnata al sindaco e alla stampa, il trentenne folignate dà sfogo alle sue emozioni e racconta il dramma che ha vissuto, concludendo con una frase che ha scritto mentre era in ospedale: “Non abbassate mai lo sguardo – scrive –, non abbiate mai paura e non permettete mai a nessuno di rubarvi il sorriso”. Già, il sorriso. Una prerogativa che Raul non ha mai perso, così come Bortuzzo. “Quando ho sentito ciò che era successo a Manuel, con la mia famiglia abbiamo rivissuto la stessa storia – dice Raul ai microfoni di Radio Gente Umbra -. Vorrei scrivergli personalmente e incontrarlo, perché penso che un confronto possa aiutare entrambi. A Manuel dico di essere forte, ma vedo che già lo è: non dobbiamo mai perdere il sorriso”. Nando Mismetti e Rita Barbetti hanno consegnato a Raul un gonfaloncino del Comune di Foligno e un giglio, altro simbolo della città. “Sei un esempio di coraggio – ha detto il sindaco al ragazzo -. Se ognuno facesse qualcosa nel suo piccolo, questo mondo sarebbe migliore”.
Di seguito il testo integrale della lettera scritta da Raul:
“Innanzitutto vorrei ringraziare il Sindaco Nando Mismetti e il Vicesindaco Rita Barbetti per l’invito e le belle parole spese che mi riempiono il cuore e che mi danno sicuramente tanta forza.
Inoltre, vorrei cogliere l’occasione per ringraziare anche la mia famiglia, il mio avvocato Giovanni Picuti, il Dirigente del Commissariato di Foligno, Vicequestore Bruno Antonini e i tantissimi cittadini, tra cui amici, conoscenti ed anche sconosciuti che, colpiti dalla mia storia, mi hanno espresso in questi mesi la loro vicinanza e solidarietà.
Per me parlare di quello che è successo non è facile, ma lo ritengo molto importante e per questo sono qui.
Quello che è successo a me, e di conseguenza alla mia famiglia, non lo auguro veramente a nessuno perché, credetemi, abbiamo passato veramente l’inferno. E purtroppo è inevitabile che da questa storia mi porterò dietro importanti e gravi danni sia fisici che psicologici.
Sono stato mesi bloccato su un letto senza sapere se e come mi sarei rialzato. Ho avuto molto tempo per riflettere su quello che mi è successo. Mi sono domandato tante volte perché proprio a me e mai sono riuscito a giungere ad una risposta.
Ma fin da subito, su una cosa non ho avuto dubbi, su quello che dovevo fare: denunciarli affinché la giustizia potesse fare il suo percorso.
Infatti, nonostante fossi bloccato con tutti i miei problemi su un letto, al contrario di altre persone che hanno avuto problemi con questa banda, ho deciso di non abbassare lo sguardo, ho deciso di non farmi calpestare la dignità, sono andato sempre avanti per sfondare il muro di paura e di omertà che erano riusciti a crearsi intorno, come già spiegato dal Vicequestore Bruno Antonini durante la conferenza stampa di novembre al Commissariato.
E vi garantisco che non è stato facile, di ostacoli ne ho trovati tanti, anche da parte di persone pavide che credevo di conoscere bene e che invece si sono dimostrate, per paura, prive di ogni senso di responsabilità civica. Poi è giusto specificare che non sono tutti così, come M. P., anche lui aggredito da questa banda e che invece ha deciso di denunciare.
Ad ogni modo, vorrei riflettere su questo tema importante che si chiama omertà: tante volte nei giornali, nelle scuole, in televisione ne sentiamo parlare e indignati la condanniamo. Ma poi quando tocca a noi fare qualcosa, cosa facciamo? Io ho scelto di non tacere, ho scelto di potermi continuare a guardare allo specchio, ho scelto di dare il mio contributo per provare a cambiare qualcosa.
Ho denunciato e sto portando avanti la mia battaglia legale, non soltanto per me e per le persone che mi vogliono bene ma per tutti noi, per tutta la nostra comunità, per la città in cui sono nato e che amo. Perché, se non si denuncia e non si dà il proprio contributo, diventiamo in qualche modo tutti quanti complici. Ora il compito passa alla Magistratura.
Chissà, forse non mi sarebbe successo quello che mi è successo se chi è stato vittima prima di me di questi soggetti li avesse a sua volta denunciati.
È ovvio, la paura ce l’abbiamo tutti, è normale averla. Ma credo che sia anche giusto superarla e fare tutto ciò che ci è possibile per far sì che ciò che mi è successo, non si ripeta mai più e perché se un giorno dovesse in qualche modo ripetersi, quel ragazzo/a abbia il mio esempio da seguire.
Perché, ricordatevi, da soli tutto è più difficile, ma se uniti cerchiamo di perseguire la via della legalità e della giustizia, qualcosa sicuramente cambierà in meglio.
Infine, mi piacerebbe concludere con una frase che ho scritto mentre ero in ospedale e che mi ripetevo e che mi ripeto ogni giorno per farmi forza: credo che racchiuda l’essenza di quello in cui credo e per cui sto lottando. ‘Non abbassate mai lo sguardo, non abbiate mai paura e non permettete mai a nessuno di rubarvi il sorriso’. Grazie“.