Violazioni ambientali, turbativa d’asta e truffa aggravata. Per un totale di nove indagati. È quanto emerge dalle colonne de Il Messaggero Umbria che nelle edizioni di ieri e di oggi, giovedì 14 e venerdì 15 novembre, è tornato a parlare delle indagini da parte della Procura di Spoleto sul biodigestore di Casone, a Foligno.
Indagini per le quali il pubblico ministero, Manuela Petrini, ha chiesto al giudice per le indagini preliminari una proroga di sei mesi. Ulteriore tempo, dunque, per analizzare nel profondo la situazione che interessa l’impianto realizzato nella periferia della città della Quintana dalla Valle Umbra Servizi e dall’Auri e gestito da Asja Ambiente.
Un impianto inaugurato a fine maggio 2018 sull’onda dell’esperienza trentina di Faedo, dov’è presente una struttura gemella, il cui progetto di realizzazione, però, nel tempo aveva fatto discutere e non poco i cittadini, al punto che era stato costituito anche un comitato ad hoc, ma anche le associazioni ambientaliste. Come il Wwf Umbria che già nel 2017 con un esposto a firma del presidente provinciale Sauro Presenzini, aveva denunciato la presenza di “ombre” nella realizzazione del biodigestore di Casone.
Questo, dunque, il quadro che si è delineato con il passare del tempo attorno al biodigestore folignate che, come detto, risulta essere oggi sotto inchiesta. Il prolungamento delle indagini chiesto dal pm servirà, quindi, a capire se sussistano o meno i reati oggi ipotizzati che – come esplicitato da Il Messaggero – riguardano, nel dettaglio, frode in pubbliche forniture, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, turbata libertà degli incanti e violazione del codice degli appalti.