Maxi operazione antibracconaggio dei carabinieri forestali tra Foligno e Spoleto. “Lord of the rings”, è questo il nome dell’indagine partita due mesi fa a seguito di un controllo in un allevamento umbro di richiami vivi ad uso venatorio. L’operazione è stata condotta dalla Sezione operativa antibracconaggio e reati a danno degli animali (Soarda) del Reparto operativo raggruppamento carabinieri Cites, che ha visto la collaborazione dei carabinieri forestali di Campello sul Clitunno e Cerreto di Spoleto. Stroncata un’attività dedita al traffico illegale di avifauna selvatica anche particolarmente protetti, destinati al mercato degli uccelli da richiamo per cacciatori. Il traffico scoperto, che interessava diverse regioni italiane, veniva alimentato anche da esemplari provenienti illecitamente da altri paesi europei.
L’attività investigativa, coordinata dalla Procura di Spoleto, ha portato a numerose perquisizioni che hanno visto impegnati i carabinieri forestali di Campello sul Clitunno, Cerreto di Spoleto, Norcia, Sant’Anatolia di Narco, Scheggia, insieme a quelli di altre parti d’Italia come Napoli, Caserta, Forlì-Cesena,Vicenza, Belluno, Treviso, Trieste e Gorizia, oltre a quelli del Reparto operativo Cites di Roma, specializzato nel contrasto al bracconaggio. Alle operazioni hanno partecipato anche i carabinieri di Foligno e Spoleto. “La fauna selvatica – spiegano i carabinieri forestali dell’Umbria – è qualificata dall’ordinamento giuridico quale ‘patrimonio indisponibile dello Stato’e, pertanto, la legale detenzione di ciascun esemplare di uccello allevato richiede che venga apposto, al tarso dello stesso, nell’immediatezza della nascita, un anello cilindrico inamovibileconsiderato sigillo”.
L’indagine ha disvelato una pratica che, tramite la cattura illegale di uccelli in natura e l’illecita apposizione agli stessi di anelli identificativi contraffatti o inidonei, prevedeva la successiva commercializzazione degli stessi, come esemplari da richiamo per l’attività venatoria, ad ignari cacciatori convinti di acquistare legittimamente uccelli di allevamento. Undici in totale gli indagati, di cui cinque umbri. I reati contestati sono frode in commercio, ricettazione, maltrattamento di animali, uso abusivo di sigilli e caccia di uccelli con mezzi non consentiti. Durante le perquisizioni sono stati trovati circa 800 anelli inamovibili, nonché tutta l’attrezzatura necessaria per manometterli e inserirli all’avifauna selvatica. Sono circa 2000, infatti, gli uccelli vivi sequestrati, di cui circa la metà privi di anello, liberati immediatamente in natura dai militari nel corso degli accertamenti. Altri uccelli, più di 500, sono stati ritrovati morti, probabilmente destinati al consumo umano.
Ritrovati e sequestrati anche gli strumenti che venivano utilizzati per catturare gli uccelli: 241 reti da uccellagione, 10 richiami elettromagnetici, nonché diverse confezioni di testosterone, utilizzato per migliorare le prestazioni canore degli uccelli.
Il numero di uccelli ritrovati evidenzia un business illecito di particolare rilievo, considerato che il valore di mercato di un esemplare “da richiamo”può raggiungere anche 500 euro. E’ invece incalcolabile il danno ambientale derivante da un prelievo venatorio non selettivo, sia nella quantità che nella determinazione della specie.
Gli uccelli sequestrati da riabilitare al volo sono stati affidati ai centri di recupero animali selvatici “Il Pettirosso” di Modena e “Il Frullone” di Napoli.
Particolarmente laboriosa si è rivelata, inoltre, l’attività tecnica, svolta congiuntamente a ornitologi e veterinari (resi disponibili dalle associazioni ambientaliste Lipu, Legambiente e Cabs e dal Corpo forestale del Friuli Venezia Giulia, dall’Osservatorio faunistico della Regione Umbria e dal Servizio veterinario della Usl Umbria2), finalizzata ad accertare l’alterazione degli anelli.