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Ricordare l’Eccidio di Nocera per dire “no” alla violenza sulle donne

Pubblicato il 10 Marzo 2021 16:04 - Modificato il 5 Settembre 2023 12:43

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Una storia che non viene cancellata dallo scorrere dei secoli; al contrario, vive tra le mura della Torre Civica di Nocera Umbra e, dallo scorso lunedì 8 marzo, ricordata simbolicamente da una panchina rossa, in occasione della Giornata Internazionale della Donna. “In questo luogo – recita la targa apposta sopra alla seduta –, il castellano Ser Pietro di Rasiglia uccise la sua giovane moglie, Orsolina di Fratta da Trevi, di rara bellezza. L’uomo iroso, geloso ed invidioso, creò un inganno provocando morte e sangue”: l’amministrazione comunale, tramite la narrazione dell’Eccidio di Nocera, avvenuto il 14 gennaio 1421, vuole sottolineare l’importanza della lotta contro la violenza di genere. “Non bisogna mai abbassare la guardia rispetto a questi fenomeni – afferma la consigliera comunale Elisa Cacciamani, come riportato da Tuttoggi.info – e portare avanti qualsiasi iniziativa volta ad insegnare alle nuove generazioni il rispetto degli altri, delle differenze delle particolarità di ciascuno, verso una cultura di parità”. 

LA STORIA – La storia dell’Eccidio: Niccolò Trinci, signore di Foligno e vicario di Nocera, intraprese una relazione sentimentale con Orsolina, moglie del castellano di Nocera e uomo di fiducia dei Trinci, Pietro da Rasiglia. Per vendicarsi del torto subìto, quest’ultimo invitò i fratelli Niccolò, Corrado e Bartolomeo Trinci, insieme a Berardo da Varano (scampato alla strage), ad una battuta di caccia nei pressi della cittadina dove, al termine, furono ospitati nella rocca per la notte. Niccolò, di notte, e Bartolomeo, al mattino, furono uccisi nel letto; Corrado, venuto a conoscenza delle azioni commesse da Pietro (il quale incitò, inoltre, la popolazione locale a schierarsi contro i Trinci), chiese aiuto al capitano di ventura Braccio da Montone, il quale assediò la città. Trovato rifugio all’interno della rocca insieme alla moglie e, poco prima di perdere la vita, Pietro da Rasiglia gettò Orsolina da una finestra del Campanaccio, mentre Corrado, desideroso di vendetta, giustiziò non soltanto il padre del castellano, Pasquale da Rasiglia, tagliandolo a pezzi, ma tutti i parenti fino al terzo grado.

“SEGNO PERMANENTE” – Tali sentimenti negativi non sono, purtroppo, scomparsi nel tempo. Tenere viva la memoria collettiva tramite il simbolismo è importante a rafforzare il concetto di combattere qualsiasi forma di subalternità e violenza. “Una panchina rossa come simbolo del posto destinato ad una donna che non c’è più – prosegue Cacciamani –, un segno permanente di memoria e speranza che a partire dal Campanaccio può diffondersi in ogni luogo della nostra città”.

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