Un appello unanime sulla necessità di aprire una vera fase di partecipazione alle scelte sul futuro della sanità nei territori di Foligno, Spoleto, della fascia appenninica e della Valnerina. È quello arrivato dall’assemblea organizzata da Cgil, Cisl e Uil dell’Umbria a Spoleto per parlare, appunto, del nuovo Piano socio-sanitario regionale. L’incontro, a cui ha fatto da sfondo il complesso monumentale di San Nicolò, ha rappresentato un momento di ascolto dei bisogni e delle criticità che caratterizzano l’intero territorio e ha visto la partecipazione, in presenza e online, di oltre un centinaio di persone, tra cui i sindaci di Foligno, Spoleto, Spello e Trevi.
Tanti i temi affrontati, a cominciare da quello, tra i più importanti, delle mancate assunzioni stabili, “che – è stato ribadito – non consentono, a 24 mesi dall’inizio della pandemia, di uscire dall’emergenza continua, fatta di interruzioni di prestazioni, di spostamento di professionisti da una parte all’altra della regione, di liste d’attesa che continuano ad allungarsi e costringono i cittadini (in particolare delle aree interne) a lunghi viaggi per effettuare esami e interventi. E ancora, di perdita di professionalità importanti, a vantaggio di altre regioni che nel frattempo hanno invece effettuato assunzioni a tempo indeterminato”. Parlando per numeri, delle 1.150 assunzioni previste nell’accordo siglato nel 2020 – fanno sapere Cgil, Cisl e Uil – ne sono state fatte un’ottantina.
Carenza di organico, ma non solo. L’attenzione dell’assemblea si è focalizzata anche sul tema delle risorse, a partire da quelle provenienti da strumenti come il Pnrr, e della loro gestione. “Case e ospedali di comunità – hanno spiegato a questo proposito i sindacati – devono rappresentare una priorità assoluta per una sanità più vicina alle persone. Ma – hanno sottolineato – bisogna evitare il rischio di costruire ‘cattedrali nel deserto’, perché in assenza delle professionalità necessarie a farle funzionare, anche queste strutture sarebbero destinate a restare scatole vuote”.
E ancora le criticità emerse rispetto al Piano socio-sanitario pre-adottato dalla giunta regionale. Per le tre sigle sindacali il documento affronta in maniera generica e vaga varie questioni come quella relativa al rapporto con il privato. Il rischio – denunciato da operatori, sindacalisti ed anche amministratori – è che le inefficienze e le mancanze del sistema pubblico finiscano per favorire il privato, “che però – sottolineano – la maggior parte della popolazione non può permettersi”. Infine, non convince l’idea di organizzazione delineata, quella – è stato detto – di “un’organizzazione verticistica e aziendalista, che, dietro lo slogan della semplificazione, nasconde un allontanamento dai territori e quindi dai cittadini. Un’idea che sembra palesare una mancanza di conoscenza della regione, delle sue caratteristiche e delle sue diversità”.
“Con quest’assemblea – hanno quindi chiarito i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil dell’Umbria, Vincenzo Sgalla, Angelo Manzotti e Maurizio Molinari – avviamo un percorso di ascolto e partecipazione sui territori che finora è mancato. Dare voce a lavoratrici e lavoratori della sanità, dare voce alle cittadine e ai cittadini di tutta l’Umbria, in dialogo con le amministrazioni locali, per raccogliere le esigenze che emergono sul territorio è a nostro avviso fondamentale per poter arrivare ad una riforma della sanità che sia pubblica, universale e davvero vicina alle persone. È chiaro che questa richiesta di partecipazione, che c’è ed è forte, deve trovare ascolto da parte della Regione. La vertenza aperta da Cgil, Cisl e Uil dell’Umbria vuole garantire questo largo coinvolgimento”.