Una mattinata di emozioni. È quella che si è vissuta domenica 26 febbraio a Orvieto. L’onda del ricordo, di un passato atroce e di una vita trascorsa con la pena nel cuore di non essere mai veramente uscito dal campo di sterminio di Auschwitz Birkenau. È quello che ci ha raccontato Sami Modiano, 93 anni tra poco, ospite del circolo della Stampa locale e della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto a palazzo Coelli.
In una sala gremita in ogni ordine di posto, con ragazzi in piedi e con gente che ancora provava ad entrare, ma non è riuscita proprio per il grande afflusso di persone presenti, Sami Modiano ha avuto modo di ripercorrere la sua storia. Dalle leggi razziali del 1938 con la conseguente sua espulsione dalla scuola, lui bambino di otto anni che non si capacitava del perché fosse costretto a non poterci andare più, come gli altri bambini. Poi la descrizione della sua splendida famiglia, del papà Giacobbe, della mamma Diana persa prematuramente e della bellissima sorella Lucia, fino al racconto della sua bella comunità ebraica di Rodi, l’onda del ricordo di Sami ci ha portato nell’abisso della discriminazione subita, dell’antisemitismo nazista che travolge tutto come un’onda ed a quel punto il racconto prende una piega totalmente diversa. La deportazione in motolance adibite a trasporto bestiame e divenuti mezzi di coercizione e vessazione per gli oltre 2000 ebrei deportati dall’isola di Rodi al continente europeo e poi in treno fino ai campi della morte nazisti. Assieme a Sami abbiamo pianto con lui nel ricordo della mamma Diana, morta di malattia prima che la furia tedesca calasse sugli ebrei (e di questo paradossalmente Sami se ne rallegra proprio perché quantomeno sua mamma non subì la violenza della deportazione) e del papà Giacobbe che sopraffatto dalle botte, dall’umiliazione, dagli stenti del campo, si lasciò morire consapevolmente, consegnandosi ai medici boia nazisti. E poi la tragedia della sorella Lucia, una bellissima ragazza di 16 anni divenuta per lui una seconda mamma e che Sami riesce ad individuare, stentando a riconoscerla per come fosse ridotta a larva, nel campo tra i detenuti e che da un giorno all’altro non vede più, capendo che è finita nelle camere a gas e nei forni crematori.
Con lui abbiamo vissuto questo percorso di memoria sapientemente guidati dal giornalista Roberto Conticelli e personalmente ho dato il mio contributo raccontando cosa è attualmente, per un nipote di una vittima della Shoah, il passaggio del testimone del ricordo da una generazione all’altra, con tutte le difficoltà che avremo nel proseguire il racconto senza i sopravvissuti ma con la forza di vedere, come è stato ad Orvieto, tanti giovani fare cerchio attorno a Sami e con lui stringersi in un abbraccio affettuoso. La storia di Sami è terminata con il racconto della liberazione del campo e della sua ritrovata libertà, ma soprattutto con la consapevolezza da parte sua di avere un compito, come gli aveva detto il papà Giacobbe prima di morire, quello di resistere, di non mollare e di sopravvivere. Questa sua sopravvivenza è servita non solo a comporre con la sua amata Selma compagna di una vita una bellissima coppia innamorata, ma ad assumere su se stesso la responsabilità di raccontare quanto accaduto e dare voce a quei milioni di morti sterminati dalla furia nazista. A conclusione dell’incontro il sindaco di Orvieto, Roberta Tardani, che ci ha onorato della sua presenza, ha accolto con entusiasmo la proposta di conferire a Sami Modiano la cittadinanza onoraria della splendida città umbra. È questo un gesto molto importante e significativo che fa parte di un percorso fondamentale per una presa di coscienza da parte della cittadinanza intera della memoria della Shoah.