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Caldo e agricoltura, da Foligno: “Resa del grano giù anche del 50%”

Pubblicato il 11 Luglio 2023 13:24

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Con l’arrivo del caldo anche nelle campagne umbre è corsa a mietere il grano dopo che il maltempo ha impedito l’accesso ai terreni dove si stima una perdita dei raccolti di circa il 30% a seconda delle zone, in maniera non omogenea, rispetto allo scorso anno. È quanto sottolinea la Coldiretti Umbria in riferimento alle operazioni di trebbiatura in corso, in un momento di grandi tensioni internazionali anche per la scadenza dell’accordo Onu sul commercio di grano nei porti del Mar Nero in Ucraina. Se la campagna si è aperta con il costo di semi e mezzi tecnici quasi ai massimi storici, il valore alla produzione è in calo di circa il 40% rispetto allo scorso anno, secondo le prime quotazioni sul mercato nazionale. “Una situazione che – denuncia Coldiretti – mette in pericolo la vita delle aziende agricole che coltivano grano spesso in aree interne senza alternative produttive e per questo a rischio desertificazione”.

L’andamento climatico degli ultimi mesi caratterizzato dalla siccità prima e in seguito da un eccesso di pioggia che ha colpito le spighe, ha ridotto il potenziale produttivo del grano ma anche dell’orzo, produzione questa che in Umbria veniva da annate record – afferma Giuliano Sfascia, imprenditore agricolo di Foligno -. Le rese per grano tenero e duro sono in calo, con punte per il duro anche del 50%, in una fase storica che ci penalizza anche per i costi aziendali”.

Non avere reali garanzie sulla produzione e sui prezzi – ribadisce Stefano Magnanini, imprenditore agricolo di Marsciano – crea sicuramente preoccupazioni e rischi per le imprese. Veniamo da periodi molto difficili a livello climatico ma anche per l’impennata dei costi produttivi intervenuti specie dopo la guerra in Ucraina, almeno del 30%: occorre potenziare gli sforzi per ‘adeguare’ le quotazioni del grano sostenendo la produzione in un momento difficile per l’intera economia agricola. Nella nostra zona ci sono terreni che avranno rese inferiori per il grano anche di oltre il 30% rispetto allo scorso anno, con risvolti che potrebbero incidere anche da un punto di vista qualitativo”.

Si prospetta un’altra stagione complicata per i bilanci aziendali – commenta Luca Grasselli, cerealicoltore di Perugia -. A seconda delle varietà del grano, dei terreni e dei tempi di semina, le rese saranno diverse ma comunque al di sotto della media. Una dimostrazione evidente di come il nostro lavoro sconti problematiche sempre più legate ad un clima mutevole che penalizza il lavoro di annate intere”.

La domanda di grano 100% made in Italy – ricorda Coldiretti – si scontra con anni di disattenzione e di concorrenza sleale delle importazioni dall’estero, soprattutto da aree del pianeta che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale in vigore in Italia. Occorre garantire – aggiunge Coldiretti – che le importazioni di prodotti da paesi terzi rispettino gli stessi standard sociali, sanitari e ambientali delle produzioni italiane e ridurre la dipendenza dall’estero, potenziando accordi di filiera con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali.

È necessario riattivare da subito – conclude Coldiretti – la Commissione unica nazionale per il grano duro, la cui attività in via sperimentale è stata sospesa nell’ottobre del 2022, perché fornisce trasparenza al mercato e offre la possibilità di poter mettere attorno ad un tavolo tutti gli attori della filiera eliminando le distorsioni e i frazionamenti delle borse merci locali.

In Umbria, secondo elaborazioni Coldiretti su dati Istat, nel 2022 la superficie totale investita a frumento duro ammontava a 22.650 ettari, per 870.000 quintali di produzione raccolta; mentre sono stati 26.980 gli ettari per il frumento tenero, per una produzione di 1.050.000 quintali.

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