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Sisma in Marocco, il racconto di una folignate: “Sembrava un’esplosione”

Pubblicato il 16 Settembre 2023 09:06

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“Eravamo in un bazar nella piazza centrale a Marrakech, Jāmiʿel-Fnā, e stavo provando una maglietta al centro del negozio quando è passata la scossa. A dire la verità non ho sentito il movimento della terra sotto i piedi. Sono state le grida di chi stava con me a dirmi ‘corri corri!’. A quel punto mi sono girata e in una frazione di secondo ho realizzato. È caduto un manichino, la merce dagli scaffali, e sono stata l’ultima a uscire di corsa dal negozio. Una volta fuori mi ha colpito vedere tantissima polvere in aria, le persone che correvano impazzite, i motorini che suonavano, una confusione incredibile; le luci in centro sono molto soffuse e vedevamo una polvere in aria molto densa; ho pensato all’esplosione di una bombola di gas. Poi abbiamo capito”. A parlare è la folignate Valentina Vincenzini, che venerdì scorso si trovava per un viaggio di piacere a Marrakech insieme ad altri italiani. 

Da Foligno oggi racconta l’esperienza di aver vissuto le scosse del terremoto che in 30 secondi ha messo in ginocchio la perla del Marocco: con oltre 2mila vittime e villaggi isolati. “Chi era nel riad – continua a raccontare Valentina – ha sentito pochissimo e capito poco. Ci dicevano che la scossa era di magnitudo 6.8 ma nel quartiere dove eravamo, a parte calcinacci e mattoni in terra, non ci sono stati danni ingenti. Per un pò siamo stati in piazza e poi dovevamo tornare nel nostro albergo, un riad nella Medina centrale, ‘Le Clos des arts’ in rue Riad Zitoun el Jdid. C’era il problema di arrivarci perché le stradine sono piccole e strette, erano piene di mattoni e calcinacci. Una volta lì la polizia ci ha mandati in una piazza minore, riad Zitoun Jdid, fino alle 4 di mattina dalla scossa delle 11, ora locale”. Momenti di caos e di grande confusione senza poter avere informazioni certe su quel che stava accadendo. 

“Mi ha molto colpito – racconta la folignate – che mentre eravamo lì, in tanti ad attendere, un residente del posto ha portato una tanica di acqua da campeggio con un bicchiere di terracotta dal quale tutti bevevano; una scena che mi rimarrà impressa per sempre. Nessuna informazione, nessun primo soccorso e il poliziotto che ci ha detto di stare lì era in borghese, vestito con una tunica. Dopo le 4 ci hanno dato l’ok per tornare al riad, gestito da italiani. Siamo rimasti tutti nella hall a dormire insieme e la mattina presto è arrivato un gruppo di giovani turisti italiani, intorno ai 25 anni, appena giunti nel Paese, che avevano paura di tornare al loro riad che era in condizioni precarie; piangevano a dirotto. Non è mai piacevole trovarsi in una situazione del genere. Tutto sommato io con il mio gruppo abbiamo vissuto la cosa senza troppa paura, ma non è stato per tutti così; anche una coppia che dormiva al terzo piano arrivata il giorno stesso, dopo la scossa ha deciso di ripartire immediatamente”.

“Se nel tuo Paese – spiega Valentina – succede qualcosa di imprevisto, è più facile relazionarsi, chiedere aiuto. Per fortuna i proprietari italiani del riad ci hanno aiutato molto, hanno chiamato i taxi, si sono preoccupati della logistica. In quel quartiere sono caduti cornicioni e qualche mattone; la grande difficoltà – come poi ci ha raccontato il nostro autista con il quale sono ancora in contatto, Aly – è stata nel quartiere ebraico, più vecchio e non restaurato, e nei villaggi intorno, un po’ come accaduto da noi, quando nel 1997 il terremoto ha colpito più forte nei paesi della montagna”.

Quanto alle procedure di emergenza e di contatto dei turisti italiani da parte della Farnesina, Valentina conferma l’assoluta assenza del Ministero, già rilevata dai media nei giorni scorsi. “Non ho capito come si sia giunti alla stima di 200 italiani nel Paese. Da cosa lo avrebbero visto? La Farnesina non mi ha chiamato e dirò di più: la maggior parte dei turisti italiani, come anche i miei amici, appena arrivati prendono una scheda telefonica locale. Tutti quelli che stavano con me hanno fatto così; dunque nessuno ha potuto ricevere chiamate e non capisco come si possa parlare degli italiani presenti; si dice che possano aver notificato la loro presenza prima della partenza, ma chi lo fa? Io e chi era con me non abbiamo seguito questa procedura, non lo fa quasi nessuno. Gli italiani che erano con me al riad e partivano per Roma il giorno dopo non hanno chiamato la Farnesina ma persone che conoscevano: un dipendente di Ryanair, un funzionario ministeriale…che li hanno informati del fatto che il giorno successivo gli aerei non sarebbero partiti da Marrakech ma da Casablanca o Fez, insomma: da altri aeroporti. Io avevo il rientro con l’autista a Casablanca domenica e ho scelto di anticiparlo a sabato, il giorno successivo: sono stati tutti gentilissimi e accoglienti e per il rientro a Foligno, fortunatamente, non ci sono stati problemi”.

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