Nel 2024 nei centri antiviolenza umbri sono state accolte 445 donne. Rilevanti anche i numeri registrati a Foligno: dal 2020 al 2024 sono state 289; 79 nell’ultimo anno. Sono i numeri snocciolati dalla presidente dell’associazione “Libera…mente Donna”, Maurita Lombardi, a cui si sono aggiunti quelli della stanza rosa presente all’interno dell’ospedale “San Giovanni Battista”, istituita dalla sezione cittadina dell’Inner Wheel e illustrati dalla presidente Eleni Giovani. “Da giugno 2022 a fine 2023 – ha detto – i codici rosa sono stati più di 50. Dodici da gennaio ad oggi”.
Numeri e dati che sono stati presentati nella mattinata di lunedì 25 novembre all’auditorium “San Domenico”, in occasione dell’evento “Questo non è Amore”, organizzato dalla Questura di Perugia per la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Iniziativa che ha visto la partecipazione di oltre 350 studenti delle cinque scuole secondarie di secondo grado cittadine. Ed è principalmente a loro, ma non solo, che si sono rivolti i rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni invitati ad intervenire su un fenomeno che – lo dicono i dati, ma anche le cronache quotidiane – desta particolare preoccupazione perché in crescita. Anche nel nostro territorio. Sì, perché in platea accanto ai numerosi giovani c’erano autorità civili e militari ma anche esponenti del mondo economico e dell’associazionismo.

Insomma, un “appuntamento importante” come lo ha apostrofato il sindaco Stefano Zuccarini, parlando di una “lezione di vita per essere uomini e cittadini migliori” e dell’importanza di una sinergia tra istituzioni, scuola e forze dell’ordine che deve chiamare in causa, però, anche le famiglie. “Siamo qui – ha detto da parte sua il prefetto di Perugia, Armando Gradone, portando il suo saluto – perché dietro alla violenza sulle donne c’è un problema culturale, un guasto culturale. Non bastano i dibattiti – ha quindi proseguito – ma occorre l’impegno di ciascuno di noi. Occorre che ognuno di noi impari a farsi i fatti degli altri quando notiamo un comportamento che può preludere ad un episodio di violenza. Non ne usciremo mai – ha infatti concluso il prefetto – se non diventa un fatto collettivo. È questo il senso di queste giornate: ribadire che la violenza di genere riguarda tutti e che non bisogna girarsi dall’altra parte”.

L’incontro di lunedì mattina è stato, però, anche l’occasione per far conoscere ai più giovani l’importanza delle misure di prevenzione e la normativa sul contrasto alla violenza di genere. Ci hanno pensato, nell’ordine, il questore di Perugia, Fausto Lamparelli, e il procuratore Claudio Cicchella a capo della Procura di Spoleto. “C’è un sommerso che è superiore ai fatti di cui veniamo a conoscenza” ha detto aprendo il suo intervento il questore Lamparelli, ricordando che i dati sulla violenza di genere sono in crescita e che a fronte di una maggiore consapevolezza del fenomeno c’è ancora molto che non viene denunciato. “Da parte nostra – ha proseguito il questore – dobbiamo essere attenti a cogliere tutti i particolari per capire se dobbiamo fare di più, per cui abbiamo investito molto sulla formazione dei nostri operatori. Al contempo le vittime hanno bisogno di capire cosa possono fare”. Il questore ha quindi illustrato ai ragazzi le tre fasi del ciclo della violenza, definite dalla psicologa americana Leonore Walker: quella di crescita della tensione, quella dell’aggressione che può essere di vari tipi; e quella della luna di miele, “in cui – ha sottolineato Lamparelli – l’uomo finge di sentirsi in colpa”. Un riferimento alla figura maschile, quello fatto, non casuale. “Dei 54 provvedimenti di ammonimento emessi quest’anno – ha detto – sono stati 47 quelli comminati a uomini per violenze varie nei confronti delle donne”. Si tratta, entrando nello specifico, di strumenti preventivi che “consentono una tutela antecedente” e che, dicono i numeri, “hanno in parte ridotto i fenomeni di recidiva”.
“È ingenuo pensare che la risposta debba essere solo giudiziaria” gli ha fatto eco il procuratore Cicchella, ribadendo l’importanza di fare rete e chiamando in causa anche il mondo sanitario e quello del terzo settore. Il procuratore di Spoleto ha parlato, quindi, dell’emersione del fenomeno e degli elementi cui bisogna prestare attenzione; per poi spostarsi sul bisogno di proteggere la vittima “facendo leva sul territorio affinché metta a disposizione strutture che accolgano le vittime di violenza” ma anche attraverso il supporto psicologico “fondamentale nell’istruttoria del procedimento”. Entrando nel merito dell’organizzazione della Procura spoletina, Claudio Cicchella ha quindi spiegato come su cinque sostituti procuratori siano ad oggi ben tre quelli che si occupano di violenza di genere. “Perché – ha detto – sono aumentati i reati e anche gli adempimenti. Nonostante il nostro sia un territorio fatto di piccoli centri, la violenza di genere è molto spiccata”. Il procuratore Cicchella ha quindi ricordato ai ragazzi che “chi è violento molto spesso resta tale e non c’è modo di cambiarlo” e dichiarato come nell’immediatezza di un episodio di violenza “vanno raccolte le prove del conflitto e non fare opera di riconciliazione”.

Ad intervenire anche Francesca Cesarini per il Soroptmist International Valle Umbra che ha presentato il progetto delle sentinelle, individuando in luoghi frequentati dalle donne, come centri estetici o palestre, punti di aiuto per le vittime di violenza e invitando i giovani a fare altrettanto con amici e compagni di scuole, e rivolgendo un appello alle istituzioni affinché non vengano mai dimenticati gli orfani delle vittime di violenze.
A chiudere il ciclo degli interventi Maria Rita Pitoni, dirigente tecnico dell’Ufficio scolastico regionale che ha invitato le ragazze ad amarsi “con un sano egoismo” e a non aver paura di stare sole; i ragazzi ad avere il coraggio di “condividere con serenità il rapporto con le compagne e scardinare i pregiudizi e gli stereotipi sulle donne”; e la scuola a guardare “negli occhi gli studenti” cercando di “capire il loro diario interiore”. “La scuola – ha quindi concluso – ha un ruolo sociale fondamentale nel creare cultura. E la cultura è l’unica arma per comprendere chi siete, chi volete intorno a voi e che vi permette di muovervi in una società complessa come la nostra”.
A salire sul palco del “San Domenico” sono stati quindi alcuni studenti dei cinque istituti secondari di secondo grado folignati che con le loro performance hanno acceso i riflettori sulla violenza di genere, mentre le conclusioni della giornata sono state affidate a Paolo Picchio, che ha raccontato la tragica storia della figlia Carolina, e a Ivano Zoppi, segretario generale della Fondazione Carolina, intitolata alla giovane morta nel 2013 dopo esser stata vittima di cyberbullismo.