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Ex Merloni, il rilancio dell’area passa per i nanomateriali

Pubblicato il 3 Maggio 2021 14:21 - Modificato il 5 Settembre 2023 12:27

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La rinascita della ex Merloni passa per l’innovazione. Dopo la crisi che ha attanagliato il polo industriale, compreso tra Umbria e Marche, per circa una decade, è ora protagonista di una possibile riconversione economica, sostenibile e all’avanguardia. Un progetto, quello presentato tra le proposte umbre per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), da 100 milioni di euro. Soddisfazione da parte dell’onorevole e consigliere del Comune di Nocera Umbra, Virginio Caparvi (Lega): “Grazie al lavoro fatto dalla Giunta regionale – dichiara Caparvi –, in particolare dalla presidente Donatella Tesei e dall’assessore Michele Fioroni, insieme agli esponenti dei partiti, agli enti locali e alle parti sociali, dopo tanti anni finalmente si passerà ad un progetto vero di reindustrializzazione che prevede la ripresa occupazionale su Nocera Umbra e sulla fascia appenninica, duramente colpita dalla crisi della ex Merloni e poi dal fallimento della Indelfab. Sto inoltre sollecitando – prosegue –, per il tramite del ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, il rifinanziamento dell’accordo di programma le cui risorse sono esaurite”.

“Umbrian Nanomaterials District”: questa la linea di intervento, che vedrà la realizzazione di un distretto focalizzato, nell’area ex-Merloni, sui micro e nanomateriali, collegato a quello relativo ai biomateriali di Terni. Lo sviluppo regionale passa perciò per il rilancio e la reindustrializzazione di aree di crisi e zone deindustrializzate, con l’intento di trasformare l’Umbria in un “macro-distretto” dedicato allo sviluppo di materiali innovativi e a basso impatto ambientale. Il vantaggio competitivo di tale progetto, un modello di business implementato, risiede nella possibilità di applicare le metodologie dei nano-materiali alle produzioni tradizionali. “Il riuso dei materiali – spiega l’onorevole Caparvi – ci svincola dalla cieca convinzione che l’area debba rimanere legata al settore del ‘bianco’, quando ormai la crescita economia guarda con urgenza al tema della sostenibilità e della economia circolare, settori su cui esistono numerosi investitori e grandi possibilità di finanziamento. La tenuta occupazionale è il tema nazionale del prossimo decennio e le aree interne, che tanto hanno dato negli anni passati, non possono rimanerne fuori”. 

Un settore in forte ascesa a livello mondiale. L’unicità delle imprese operanti nei micro e nano-materiali è dovuta alle importanti interconnessioni tra aziende nei vari continenti. Definite “multinazionali tascabili”, il piano regionale vede l’insediamento di start-up specializzate nei processi di riduzione dimensionale ultrarapida. Delle “imprese-piattaforma” altamente qualificate in studio, misurazione e manipolazione della materia su scala atomica, che collaboreranno sinergicamente con le realtà tradizionali – ad esempio, i settori della meccanica e della lavorazione dei materiali – e non solo. Infatti, l’impiego delle nanotecnologie e dei materiali nano compositi è trasversalmente applicabile a tutto il sistema industriale, permettendo così alle aziende di innovare i propri prodotti e processi in direzione di sostenibilità, riduzione dell’impatto ambientale, contenimento di anidride carbonica e circolarità. 

Oltretutto, il progetto permetterà non soltanto di rilanciare un’area da tempo depressa, ma anche di rafforzare l’economia regionale nel complesso, proiettandola sullo scenario nazionale e internazionale con la creazione di un centro d’eccellenza ad elevata potenzialità per lo sviluppo industriale dei prossimi anni. Nel commentare la proposta messa in piedi da Palazzo Donini, l’onorevole Caparvi sottolinea l’importanza di revitalizzare la zona: “È necessario tenere aperti quanti più canali possibili per aumentare le capacità attrattive della fascia appenninica – prosegue Caparvi –. Non è secondario rimettere al centro dell’attenzione anche l’estensione territoriale dell’accordo di programma che in passato, erroneamente, è stato generosamente allargato a territori che non hanno per nulla subito la crisi Merloni e, ciononostante, hanno beneficiato di soldi pubblici”.

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