Resta alta l’incidenza del contagio nelle aree interne del Perugino. Il riferimento è, in particolare, alle zone del Folignate, dell’Assisano e di Bastia Umbra, dove – così come ribadito dal Nucleo epidemiologico regionale – occorre tenere conto anche di una più alta densità in termini di popolazione. Stessa situazione anche nell’Alto Tevere e nell’area del Trasimeno, mentre nel resto della regione si registra un “leggero scolorimento” rispetto al rosso intenso che ha contraddistinto l’Umbria negli scorsi giorni.
Guardando alla curva epidemiologica, “da qualche giorno – spiega Marco Cristofori del Nucleo epidemiologico – la media mobile ha iniziato leggermente a flettersi, anche se ancora non si può parlare di stabilizzazione”. L’indice Rt calcolato sugli ultimi 14 giorni si attesta sullo 0,98 (l’intervallo è 0,8-1,16) ma, come sottolineato da Cristofori, occorrerà aspettare anche il dato elaborato dalla cabina di monitoraggio.
Secondo quanto si apprende, comunque, la situazione non dovrebbe subire variazioni rispetto a quanto detto fino ad ora. Ciò significa che per l’Umbria, ed in particolare per la provincia di Perugia, si prospetta un’altra settimana di zona rossa, mentre dovrebbero tornare in arancione i comuni ternani di Amelia e San Venanzo. A renderlo noto il direttore regionale alla salute, Claudio Dario, che ha spiegato come nel Perugino rimarranno in vigore le disposizioni contenute nell’ordinanza diramata ormai 15 giorni fa, senza cioè ulteriori restrizioni.
Ad incidere, com’è ormai noto, la presenza accertata della variante inglese e di quella brasiliana, con percentuali che il direttore Dario ha ribadito essere “alte”. A confermarlo era stato, nella serata di giovedì 18 febbraio, anche l’Istituto superiore di sanità alla luce dei risultati del sequenziamento di 77 campioni, di cui 22 con variante inglese (tra gli altri, 9 provenienti dal laboratorio di Perugia, 7 da Città di Castello e uno da quello di Spoleto) e 41 con variante brasiliana (tra gli altri, 21 provenienti dal laboratorio di Perugia, 8 da Città di Castello, 5 da Spoleto ed uno da Terni e dall’Istituto zooprofilattico).
“Ora – ha commentato Claudio Dario – attendiamo il risultato degli altri 114 tamponi inviati, che ci restituiranno un campione rappresentativo della popolazione”. I tamponi inviati a Roma, infatti – secondo quanto reso noto – fanno riferimento non solo all’ambito ospedaliero ma anche a quello esterno e sono differenziati territorialmente. “L’incidenza significativa delle varianti – ha quindi dichiarato Claudio Dario – evidenzia come stiano sostituendo il ceppo originario e questo ci porterà a sviluppare, insieme all’Iss e al Ministero, tutta una serie di valutazioni”.
Tornando all’andamento epidemiologico, resta la forbice tra le due province, con Perugia che presenta un’incidenza di 332,76 casi su 100mila abitanti (in calo rispetto alla scorsa settimana quando era di 344,67) e Terni con 82,34. Il divario riguarda anche le fasce d’età coinvolte, più marcata nel Perugino l’incidenza tra i 3 e i 18 anni. raggiunto, poi, il picco per quanto riguarda i ricoveri ordinari e le terapie intensive, rispetto al mese di novembre quando si erano avuti i dati peggiori. Così come la media mobile dei decessi restituisce un andamento in crescita. Per quanto riguarda il rapporto tra attualmente positivi è ricoverati è passato dal 5 al 6 per cento, nell’ambito delle terapie intensive dallo 0,7 all’1,1 per cento. “L’incidenza tra le due province è di 1 a 4, ma alcuni segnali di efficacia degli interventi iniziano a comparire”.