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Omicidio Lucentini, la procura: “Armeni non lo ha soccorso”

Pubblicato il 6 Agosto 2015 08:27 - Modificato il 5 Settembre 2023 23:24

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Un vero guerriero che “resetta” tutto, anche la morte del collega. E’ come si sentiva Emanuele Armeni ad un mese dall’uccisione di Emanuele Lucentini all’interno della caserma di Foligno. I nuovi particolari emergono dalle cimici che riprendono la conversazione del carabiniere accusato di aver ucciso volontariamente il suo collega. A riportarli nell’edizione di oggi è il quotidiano La Nazione, che descrive lo stato d’animo di Armeni il giorno della messa in memoria del collega scomparso da un mese. “Che messa? – chiede Emanuele Armeni all’interlocutore – io resetto subito, da vero guerriero”. Intercettazioni utilizzate dal procuratore Alessandro Cannevale e dal pm Michela Petrini per convincere anche il tribunale del Riesame a non scarcerare il militare. Ed i giudici della Libertà hanno infatti respinto l’istanza di scarcerazione presentata dalla difesa. In attesa delle motivazioni, per le quali ci vorranno 45 giorni, ci sarebbero anche altri elementi che rendono tortuosa la strada di Emanuele Armeni. Secondo la procura di Spoleto infatti, oltre all’impossibilità di esplodere un colpo non volontario dall’M12, sorprende il comportamento del carabiniere dopo l’esplosione. “Nessuno lo sente urlare o gridare aiuto dal piazzale della caserma. Non si avvicina al corpo di Lucentini per soccorrerlo – scrive l’accusa –. Tutto quello che fa è poggiare la pistola a terra e avviarsi camminando verso l’interno della caserma”. In merito al movente, si seguono due piste. Quella delle vicende personali e l’altra legata “a precedenti condotte di rilievo penale delle quali la vittima fosse venuta a conoscenza”.  

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