A poche ore da domenica 27 marzo, che quest’anno coinciderà con la Pasqua, il vescovo di Foligno, Gualtiero Sigismondi, è intervenuto ai microfoni di Radio Gente Umbra nel suo consueto appuntamento con gli ascoltatori. Ecco un estratto dell’intervista.
Eccellenza, questi giorni di festa per la Pasqua sono sicuramente stati macchiati da quanto avvenuto a Bruxelles..
“In questi giorni in cui il cuore è colmo di gioia per il mistero della Pasqua, viviamo la drammatica esperienza di quanto avvenuto in Belgio. Non possiamo far finta che questa questione non ci riguardi. Vivo la vicenda con profonda amarezza, temendo che si possano alzare ancora di più i muri o la cortina del filo spinato verso chi bussa alle porte dell’Europa, perché ha bisogno di trovare il pane per la propria famiglia. Non dobbiamo essere ingenui, ma non dimentichiamoci che c’è un popolo in marcia verso l’Europa e non può sentire che nessuno apra la porta. In questi giorni mi ha colpito un’immagine riportata sulla Gazzetta di Foligno. Un profugo piange mentre mangia una focaccia, con un bimbo al suo fianco che sembra chiedergli ‘perché piangi?’. La risposta è facile da trovare: perché in Europa trovano un deserto senza strade. Questa stessa domanda è risuonata il giorno di Pasqua sulle labbra del Risorto, rivolte alla Maddalena. E’ un quesito terribilmente attuale. Fino a quando i nostri cuori non fanno spazio a chi ha bisogno, la speranza non può risplendere. In questi giorni bisogna abbassare i muri e costruire il ponte dell’accoglienza”.
Cosa sta facendo la diocesi di Foligno per i profughi e per i rifugiati? Sta costruendo ponti?
“I nostri ponti sono ben saldi, osservando il criterio dell’ospitalità diffusa, senza utilizzare spazi che somiglino ad un ghetto. Tutto questo è possibile grazie al lavoro meraviglioso che la Caritas sta svolgendo. Abbiamo le esperienze e le fedi più diverse e le testimonianze più drammatiche. Ad un profugo ho chiesto cosa mangiavano durante la traversata. Lui mi ha risposto che vomitavano tutto il giorno e non mangiavano. L’unico loro desiderio era vedere l’orizzonte. Sentire che dovevano tornare indietro era per loro la notizia più drammatica”.
Parliamo della Pasqua. Parlando del Venerdì Santo, papa Francesco ha detto che rappresenta “il momento culminate dell’amore”…
“E’ proprio vero. E’ il momento il cui il Signore ha aperto il suo cuore. Il Papa parla di Chiesa in uscita, e l’immagine più bella è quando il soldato ha aperto il cuore di Cristo e da quel cuore sono usciti il sangue e l’acqua, i due Sacramenti. Pensando alla Pasqua ci sono almeno tre porte, come sottolineerò nell’omelia di domenica. C’è la porta del Sepolcro, quella del Cenacolo e quella del Battesimo. Quella del Sepolcro viene aperta in uscita, dalla luce del Signore. In questa porta c’è il cambio della guardia: da quelle messe da Pilato, agli angeli pieni di luce. Poi c’è la porta del Cenacolo. Anzi, l’evangelista Giovanni dice che erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli, barricati per la paura di fare la stessa fine di Gesù. Si parla di porte al plurale. Mi piace immaginare che siano tre. Una di uscita di sicurezza, una di servizio e la porta principale. Il Signore risorto è entrato dalla porta di servizio, dove era entrato anche il Giovedì Santo quando ha lavato i piedi ai discepoli. Ha trovato i discepoli vicino alla porta di emergenza e mi piace immaginare che la Vergine Maria abbia tolto il catenaccio alla porta principale per permettere allo Spirito Santo di irrompere e di aiutare i discepoli a vincere ogni timore. La porta del Battesimo invece ci introduce nella Chiesa e ci fa immergere nel mistero pasquale. La Chiesa esiste perché deve annunciare l’Alleluja pasquale. Se non ci fosse stata la Pasqua di Cristo non poteva esserci la Chiesa, che esiste solo per cantare in tutte le lingue, fino alla fine dei tempi, che il Signore è veramente risorto. Mi piacere ripetere con una battuta che ‘la morte sfacciata a Pasqua ha perso la faccia, il diritto di dire l’ultima parola”.
Il territorio folignate è molto attaccato alla Pasqua. Dal Venerdì Santo vanno in scena importanti manifestazioni e celebrazioni..
“Intanto sto notando che queste celebrazioni stanno fiorendo. Come vescovo vado un anno a Colfiorito ed un anno a Fiamenga. Ora sto ricevendo altre richieste. A Spello ad esempio vengono fatti dei quadri meravigliosi delle stazioni della Via Crucis. Ho appreso poi che la parrocchia di San Francesco quest’anno ha messo in cantiere una rappresentazione sacra. Ovunque il Venerdì Santo scende il silenzio. E’ bello passare da una parrocchia all’altra ed accorgersi che nessuno disturba il silenzio del Venerdì Santo. Anche le persone che non riescono a varcare la chiesa, si raccolgono e si uniscono per non mancare a questo appuntamento. E’ singolare anche notare che in questi giorni, coloro che sono coinvolti in qualche rappresentazione sacra, si fanno crescere la barba. Si nota subito che siamo nel periodo della Quaresima”.
Parliamo anche degli impegni che la vedranno protagonista fuori Foligno dopo la Pasqua..
“Quest’anno l’assemblea della Cei di maggio ha come tema la formazione permanente dei presibiteri. Occupandomi della commissione episcopale per il clero e la vita consacrata, mi trovo a lavorare già da alcuni mesi su questo argomento in vista dell’assemblea. Oramai il tema è stato definito e le questioni fondamentali messe a fuoco, ma ad aprile e maggio sarò particolarmente coinvolto, con la speranza di mettere in cantiere indicazioni utili per i presibiteri. Poi continua anche il mio servizio di visitatore dei seminari. Quello che visiterò dopo Pasqua sarà quello dell’ordinariato militare. Dovrò quindi entrare in questo seminario particolare, dove vengono formati coloro che nell’esercito assicurano il pane della parola. Preparandomi a questo argomento, mi si è fatta chiara un’idea che traggo dalla liturgia: ‘portare il diritto alle nazioni’. Questo forse è uno dei compiti dell’esercito. Difendere la patria, amare la patria, portando il diritto alle nazioni”.
Un suo auguri pasquale a Foligno..
“Lo prendo dal libro di Zaccaria, una frase lapidaria ma bellissima. Il Profeta dice al popolo di Israele che si è rassegnato a rimanere esule in Babilonia. Ormai è li da tanti anni e si è costruito in qualche modo una residenza stabile e serena in terra straniera. A questo popolo, il Profeta dice: ‘tu sei prigioniero della speranza, devi tornare’. Bella questa immagine, perché la Pasqua di Cristo ci ha resi prigionieri della speranza, perché noi possiamo cantare l’Alleluja anche in faccia alla morte. Invece talvolta ci comportiamo da carcerieri della speranza. L’augurio che faccio ai folignati è quindi quello di sentirsi prigionieri della speranza, anche in queste ore così drammatiche per quello che è accaduto a Bruxelles. Noi siamo prigionieri della speranza e non vogliamo vivere da carcerieri della speranza”.