“Carissimi fratelli, l’anima del nostro popolo è così legata al suo santo patrono, Feliciano, che basta esporre la statua argentea, perché tutti, come devoto pellegrinaggio, accorrano a baciarne il piede”. Con queste parole il vescovo di Foligno, monsignor Gualtiero Sigismondi, ha aperto l’omelia con cui ha accompagnato la solenne celebrazione eucaristica dedicata al patrono folignate. “Quest’anno, a causa del flagello del terremoto – ha proseguito – Feliciano ha trovato riparo nel santuario della Madonna del Pianto. Più che versare nella condizione di sfollato – ha però sottolineato il vescovo Sigismondi – il nostro patrono si trova nello stato di profugo, rifugiato sotto il manto della Vergine Maria”. Due termini, quelli di profugo e rifugiato, che monsignor Gualtiero Sigismondi ha pronunciato con un chiaro obiettivo, quello di richiamare l’attenzione dei tanti fedeli che hanno affollato all’inverosimile la chiesa di Sant’Agostino sulla questione migratoria, che a Foligno vede in prima linea la Caritas diocesana, al fianco istituzioni e delle parrocchie. “Molteplici sono le opinioni che un’emergenza così impegnativa solleva – ha detto il vescovo dando voce ai più disparati pensieri della comunità folignate -: paure, provocazioni, semplificazioni, alimentate da recenti atti terroristici” che “rischiano di annebbiare o disorientare una corretta lettura del fenomeno migratorio”. “Le migrazioni – ha proseguito – non sono un evento nuovo, ma appartengono alla storia dell’umanità. La storia, maestra di vita – ha quindi sottolineato – insegna che i grandi flussi migratori sono ineluttabili: cercare di regolamentarli è legittimo e anche necessario, ma volere impedirli innalzando muri e fili spinati è l’inizio della barbarie”. L’appello del vescovo di Foligno, citando Papa Francesco, è stato quindi quello di non dimenticare che “migranti, profughi e rifugiati, prima di essere numeri sono persone, volti, nomi, storie”. Il pensiero è poi andato a quanti, per grazia di Dio, sanno “riconoscere prima di tutto il fratello e la sorella”, costruiscono ponti e rifuggono dall’illusione di innalzare recinti per sentirsi più sicuri. Da qui l’invito, rivolto a tutte le anime della società, a “sviluppare politiche di ampio respiro”, costruendo “la pace là dove la guerra ha portato distruzione e morte” e confrontandosi “sia con la questione dell’accoglienza, sia con il problema dell’integrazione”. “Fratelli carissimi – ha quindi spiegato il vescovo sul finire dell’omelia – i migranti hanno bisogno di noi, ma anche noi abbiamo necessità di loro. Studi recenti – ha quindi concluso – mostrano l’impatto positivo del fenomeno migratorio sulla demografia e sull’economia”. Ad accompagnare, come sempre, la solenne celebrazione eucaristica dedicata a San Feliciano, la presenza nel santuario della Madonna del Pianto di rappresentanti istituzionali, delle forze dell’ordine e delle associazioni e di una delegazione della Giostra della Quintana.