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Daniele Michilli, intervista all’umbro che ha captato il primo lampo radio veloce nella Via Lattea

Pubblicato il 2 Dicembre 2020 10:01 - Modificato il 5 Settembre 2023 13:03

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Forse è il sogno più grande che un astronomo, o studioso dello spazio, si possa augurare: captare un segnale radio da una galassia molto lontana. A riuscirci è stato lo scienziato di Nocera Umbra e folignate d’adozione, Daniele Michilli. Lo scienziato italiano, 34 anni, è riuscito a registrare un segnale radio fortissimo e veloce, il più intenso mai registrato, direttamente dalla Via Lattea. Scoperta ovviamente pubblicata sui maggiori magazine scientifici, come Nature. Daniele Michilli vive in Canada, dove lavora per l’Università McGill di Montreal.

La scoperta è stata fatta lo scorso 28 aprile, con il team di scienziati coordinati da Michilli che è riuscito a captare il primo segnale radio veloce dalla nostra galassia. Il fenomeno ha il nome di Frb (Fast radio burst) ed il “lampo radio veloce” è stato intercettato grazie a due radiotelescopi, uno canadese e l’altro americano.

Nel 2018 Daniele Michilli era finito sulla copertina di Nature proprio per le sue ricerche sull’origine dei lampi radio veloci nello spazio.

Ciao Daniele, benvenuto a Radio Gente Umbra e grazie per aver accolto la nostra richiesta. La prima domanda che ti facciamo è proprio sulla nostra Regione. Da quanto tempo manchi e quali sono i tuoi ricordi più belli legati alla nostra terra?

Sono cresciuto in Umbria fino ai miei 18 anni, dopodiché mi sono trasferito a Roma per continuare con l’Università. Poi sono andato ad Amsterdam per il dottorato e infine ultima tappa il Canada, dove adesso risiedo e lavoro. I miei ricordi sono bellissimi. Ho passato tutta la mia adolescenza – ancora senza tanta tecnologia – e l’infanzia in un paesino vicino Nocera Umbra. Le scorrazzate insieme ai miei amici e ai miei cari per le campagne umbre sono senza il dubbio il ricordo più vivo. Regolarmente comunque riesco a venire almeno tre o quattro volte l’anno a Foligno in quanto la mia famiglia e le mie sorelle lavorano lì, anche se purtroppo da quando è iniziata questa pandemia non sono riuscito a tornare: è un anno che manco dalla vista dei miei cari.

Dunque parliamo un po’ di te. Il sogno dei bambini era identificato nell’archeologo e nell’astronauta. Il tuo qual era? E’ sempre stato qualcosa inerente alle stelle?

Quando ero un bambino mi piaceva moltissimo smontare oggetti di ogni tipo, adoravo la parte tecnica e pratica se vogliamo. Andando avanti, studiando a scuola, mi sono iniziato ad appassionare anche alla parte più teorica. Inoltre, fin da piccolo papà mi portava in campagna a vedere le stelle, quindi questa passione l’ho iniziata a sviluppare da molto giovane. Quando si è trattato di scegliere una carriera mi sono detto: ‘proviamo a buttare nel mondo delle stelle’ e fortunatamente è andata più che bene. Una passione che si è evoluta nel tempo.

Negli ultimi due anni abbiamo fotografato un buco nero, scoperto particelle d’acqua sulla Luna. Poi, te e il tuo team avete intercettato il primo segnale radio dalla via Lattea. Quanto ancora c’è da scoprire o confermare nel nostro Sistema Solare?

Sicuramente tantissimo, sia nel nostro Sistema Solare che nella nostra Galassia e l’intero Universo direi. Una bellissima cosa della scienza è che si va sempre avanti e non ci si adagia al primo successo. Anche nella nostra Terra ci sono moltissime cose da esplorare e studiare ancora: dai fondali oceanici alle piante e ad animali che forse nemmeno conosciamo. Penso che sia effettivamente un piacere cercare di scoprire sempre cose nuove.

Ci puoi parlare della tua scoperta, che immagino sia il risultato di anni di prove e studi?

Dunque, iniziamo con lo specificare che la mia scoperta è da dividere con un team che ha costruito un telescopio rivoluzionario. Un lavoro che ha riguardato decine di scienziati. Lo studio riguarda i lampi radio veloci, dei lampi di onde radio invisibili all’occhio umano, ma percepibili con le nostre antenne. Immaginiamo che la nostra radio trasmetta dall’America: ci vorranno dei ripetitori potentissimi per far arrivare il segnale in Italia. Se la radio fosse sulla Luna sarebbe ancora più complesso.

Una scoperta di questo tipo che cosa può generare e quali conseguenze potrà avere sullo studio delle nostre galassie?

Una delle importanze dei lampi radio veloci è che possiamo usarli come “lampi nella notte che illuminano le nubi”. Possiamo usarli per studiare l’ambiente in galassie lontane e anche il materiale che sta tra la nostra galassia e le galassie lontane. Questo è uno dei motivi per cui stiamo cercando di capire sempre di più questi fenomeni, per usarli come strumenti per studiare il nostro universo. Questi lampi radio che vediamo, e abbiamo studiato, arrivano da altre galassie, non sono nemmeno nel nostro Sistema Solare, distano da noi milioni di anni luce e vuol dire che quando sono stati emessi erano estremamente potenti.

Ci siamo chiesti quindi che cosa fossero queste incredibili onde radio e che cosa potessero produrre, vista la distanza ovviamente era impossibile fare una foto. Il 28 aprile di quest’anno siamo riusciti a registrare e a captare un segnale con caratteristiche totalmente nuove, che proveniva dalla nostra galassia, ed è stato effettivamente il più forte lampo radio mai registrato.

Questo ci ha permesso di vedere l’oggetto che ha prodotto questo lampo, ed è venuto fuori dopo diversi mesi di analisi che è stato inviato da una Magnetar: una stella di neutroni. In pratica quando una stella gigante esplode lascia questo residuo, una stella super compatta formata soprattutto da neutroni. Questi hanno dei campi magnetici estremamente alti chiamati appunti Magnetar e proprio uno di questi è stato responsabile del lampo radio captato da noi. La domanda successiva a questa scoperta è stata ovviamente: ‘tutti i lampi radio provengono da Magnetar o da tanti oggetti sparsi nell’Universo?’

Quale è stata la sensazione ed emozione al momento dell’ascolto del segnale?

E’ un’emozione molto bella. E’ quel tipo di emozione capace di ripagarti di un lavoro che stai svolgendo da molto tempo e con tanto impegno. In questo caso è anche l’aver svelato un mistero, quindi svelare un segreto per la prima volta: è una serie di emozioni che si uniscono.

Tra i tanti campi che potevi studiare hai scelto proprio i lampi radio veloci. Perché?

Una combinazione di caso ed interesse personale. Sono sempre stato attratto da misteri irrisolti e quando ho iniziato il mio dottorato ad Amsterdam c’era questo nuovo campo dedicato ai lampi radio veloci e ancora non si sapeva se fossero reali o no. In realtà ero andato ad Amsterdam per studiare i raggi-X, ma il mio supervisore mi fece scoprire questa particolare branca, ancora molto oscura, che poi non ho più abbandonato.

In questi anni si è riscoperto l’Universo anche grazie alle grandi missioni dei nostri astronauti, gli avanzamenti tecnologici di Musk, ma anche grazie alle continue scoperte di voi astronomi. Questo grande ritorno di “fiamma” potrebbe rappresentare un buon viatico per il futuro?

Ne beneficeremo assolutamente. Il mondo è molto più interconnesso rispetto a decenni fa. La ricerca porta tecnologia, la tecnologia porta ricerca e quindi è un sistema che si autoalimenta che può creare opportunità di lavoro incredibili, scambi di idee e scambi culturali che magari in passato erano molto meno frequenti. Sono contento che la ricerca e la conquista dello spazio siano viste in termini commerciali. Il motivo per cui io studio astronomia è anche quello: magari nell’immediato i miei studi possono risultare non utili, ma non possiamo conoscere effettivamente quello che ci prospetterà il futuro.

Che cosa rappresenta per te il cosmo?

Da scienziato è l’ambiente in cui viviamo. Anche se le stelle sono molto distanti dobbiamo ricordarci che il Sole è la stella che ci dà la vita. Come umanità è sbagliato sentirsi staccati dal cosmo, perché ci siamo immersi dentro e ne siamo parte integrante.

Quale sarebbe il tuo sogno (se possibile dirlo) professionale e personale, e un sogno riferito alla scienza che vorresti vedere?

Mi piacerebbe continuare a lavorare nel mondo accademico e, perché no, continuare a lavorare su altri misteri irrisolti del cosmo, cercando di dare il mio piccolo contributo per la scienza. Per quanto riguarda sogni scientifici da vedere, ce ne sono talmente tanti che è difficile sceglierne uno. Mi piacerebbe vedere un qualcosa legato alla società, vedere le persone anche coinvolte nelle scienze in qualche modo appassionate di questa continua ricerca. Non solo in astronomia, ma in tutti i campi, per avere una maggiore consapevolezza del mondo che ci ruota attorno.

Parliamo di Coronavirus. Da voi in Canada come si sta vivendo la pandemia?

Spero che si trovi un vaccino al più presto e da quello che si percepisce nella comunità scientifica siamo quasi alla conclusione. In Canada non c’è stato un vero e proprio lockdown generalizzato come in Italia, o almeno è stato così dove vivo, in Quebec. La nostra fortuna è stata quella di non essere stati tra le prime nazioni colpite. Le misure che hanno limitato la diffusione dei contagi sono risultate da subito vincenti, anche grazie ai grandi spazi che ci sono in Canada e la minor diffusione di grandi metropoli. Il take-away è stato messo da subito a disposizione con la conseguente chiusura dei ristoranti, ma devo dire che questo sistema già fa parte della cultura canadese.

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