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Il racconto di Mario Burgani sotto i bombardamenti di Hamas

Pubblicato il 10 Ottobre 2023 12:53

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“È appena esploso un missile a 100 metri da casa mia, ci sono tre feriti”. “Riesci a parlare adesso? Sei al sicuro?”. “Si, tutto ok, ma se suona la sirena devo lasciarti”.

Comincia così il mio colloquio telefonico con Mario Burgani, 45 anni, nato a Napoli ma umbro di adozione. Ha vissuto sin da bambino, dal 1986, e per 25 lunghi anni, tra Trevi e Foligno. Qui ha studiato e gestito attività commerciali nel campo della telefonia tra Foligno, Arezzo e Terni.

Presidente fondatore della prima associazione Italia-Israele di Foligno, lunedì 9 ottobre mi parla da Har Adar, un insediamento israeliano in Cisgiordania, vicino ad Abu Ghosh, a circa 15 chilometri a ovest di Gerusalemme. Vive in una casa con sua moglie Miriam e i suoi figli più piccoli, Daniele di 11 anni ed Emma di 4: i due più grandi (Noa, 19 anni e Anna, 17) abitano a poca distanza. Mentre parliamo Mario non sa se dovrà rientrare a breve nel bunker della casa in cui abita, attrezzato con riserve di acqua, cibo e materassi; le sirene antiaeree possono suonare in ogni momento.

Dove ti trovi adesso?

A casa con i due più piccoli dei miei 4 figli e mia moglie. Già da stamattina è la terza volta che sentiamo le sirene e stavolta erano vicinissime. Ci sono tutta una serie di sirene antiaeree qui, in ogni quartiere. Dal suono puoi capire in quale area scattano, quanto è lontana la zona dell’attacco in corso. Il sistema intercetta la traiettoria di questi missili che arrivano da Gaza e allerta i sistemi che stanno in quell’area, allora suona la sirena. Stavolta era vicinissima”

E cosa avete fatto?

Siamo entrati subito nel bunker che sta nella nostra casa; qui ogni abitazione singola o ogni appartamento ne ha uno. È una camera blindata. L’autorità ci dice di non andare in giro e di stare il più vicino possibile alla mamat, appunto questa stanza blindata. Appena entrati abbiamo sentito delle forti esplosioni. Inizialmente abbiamo sentito che provenivano da un paese che sta a 4,5 km da noi. Però poi abbiamo capito, dopo un’esplosione molto forte, che un missile era appena atterrato a 100 metri da qui, sulla nostra collina di 4.000 abitanti. Tre persone sono rimaste ferite perché da quando suona la sirena abbiamo un minuto e 30 secondi circa per entrare nel rifugio e loro non sono riusciti a entrare. Dopo la sirena occorre aspettare 10 minuti prima di uscire; non si sa quello che può succedere dopo, cosa può cadere dal cielo. Qualcuno non entra in tempo, qualcuno esce fuori prima, qualcuno non chiude…e si resta feriti anche così. Sono sceso a vedere”

Sei sceso in strada?

Si, c’è grande viavai di auto. Sono andato a controllare a 100 metri da qui dove abita la mia ex moglie e gli altri due figli per vedere come era la situazione”

Ti sei messo in contatto con loro?

Si, stanno bene. Poi qui tv e internet stanno funzionando anche sotto attacco. Le sirene si sentono e si vedono perché le mettono in sovrimpressione sugli schermi e mandando messaggi sui telefonini che rientrano in una certa cella ti dicono di entrare immediatamente nel rifugio”

Il Governo comunica con voi in altri modi?

Magari. Il Governo non c’è. La novità è che ci sono gli enti locali, il nostro sindaco, la polizia locale, il coordinamento di sicurezza interno. Siamo costantemente informati all’interno delle chat della municipalità e dalla sicurezza interna. Quando c’è un’allerta o se c’è un infiltrazione…un pericolo…riceviamo messaggi. Ora è in corso una riunione al centro di sicurezza cittadino con i rappresentanti dell’esercito e della polizia.

Ma sono tre giorni che non abbiamo comunicazioni dal Governo centrale. Dopodiché dobbiamo aspettare. Siamo in una situazione particolare in cui speriamo subito in un Governo di unità nazionale, speriamo che gli avvocati del primo ministro giungano ad un accordo con l’opposizione. Il problema è che il Governo adesso non esiste”

E chi vi aiuta?

I cittadini si sono organizzati per fare delle collette con pacchi alimentari e beni di prima necessità nelle zone dove sono entrati da sud; un’azione solo privata, solo promossa dai cittadini, dai civili”

Non c’è un coordinamento di Protezione civile?

No. Adesso c’è l’esercito, però c’è ora. Per qualche ragione prima qualcosa non ha funzionato”

Che intendi per prima?

Dalle sei di mattina dell’altroieri siamo stati attaccati da cielo terra e mare e sono riusciti a neutralizzare le nostre difese con l’aiuto dell’Iran. Hanno sterminato cittadini e preso il controllo di intere città al sud. Tra cui in un luogo dove risiede la famiglia di mia moglie, sono stati 12 ore nei rifugi armati di coltelli perché non si sapeva qual’era la situazione”

Ad Har Adar il missile di oggi è l’attacco più ravvicinato che avete avuto?

Quattro anni fa si sono infiltrati e hanno fatto un attentato. Ma a livello di attacco missilistico si. Questi quando sparano, sparano. Non è che gli interessi se uccidono arabi o ebrei o cristiani. Loro sparano. Dopo dove atterra atterra, e stavolta è atterrato qui. Uno di quei razzi è atterrato anche sulla moschea di Abu Gosh che sta a 4 km. Questo posto è un misto di arabi musulmani, arabi cristiani, cristiani evangelici, ebrei e laici”

Come fate fronte a questo momento con i bambini?

Ti voglio dire questo. Il primo pensiero che abbiamo è che ci sono bambini donne, nonni e anziani che stavano in casa loro e la domenica mattina sono stati sgozzati, sterminati, rapiti e presi in ostaggio. Ci sono bambini dai due anni fino ai 12 anni tenuti come ostaggi da queste belve dentro a Gaza. Li stanno sparpagliano per farne degli scudi umani. 

Quindi la prima cosa che bisogna dire è che queste persone stanno in pericolo. Bisogna chiedere con forza tutti, senza ‘se’ e senza ‘ma’ il rilascio immediato dei civili, di donne, anziani e bambini che non c’entrano nulla. 

I bambini miei stanno qui, stanno piangendo. Gli suono le canzoni, ho la chitarra dentro al bunker. Emma ha 4 anni e le stiamo insegnando l’italiano perché a dicembre dovevano venire mamma e papà, i miei genitori, dopo tanto tempo e ha incominciato a parlare, le stiamo insegnando e cantiamo ‘Il caffè della Peppina’, che peraltro ha imparato molto bene. L’altro più grande ha 11 anni, si sveglia la notte e piange se non stiamo nel bunker. Come facciamo? Cerchiamo di far finta di niente”

Hai mai pensato di partire e tornare in Italia?

Fuggire no, anche se ho pensato alla possibilità di andarmene. Ho due amici italiani sposati con israeliane con tre figli. In questo momento stanno in aeroporto. È tutto bloccato e stanno lì, da soli, in attesa di trovare un volo e prenderlo appena riaprono. Le mogli gli porteranno i figli e partiranno con i papà per l’Italia. Le mogli sono due medici e non se la sentono di lasciare il Paese. L’idea di partire e portare i figli al sicuro c’è ma io sinceramente…mio nonno ha fatto la resistenza in Italia. Ho un pensiero in mente, dalla mia infanzia. Quando ci fu il terremoto dell’ 80 a Napoli avevo due anni, abitavamo al settimo piano di un palazzo. Ricordo la fuga per le scale, papà che ci prese, ci fermò tutti e disse: ‘non correte, aspettiamo che passi, se dobbiamo morire moriamo insieme’. Il principio è questo”

Restare e resistere, dunque.

Io non vado. Io sono italiano e i miei figli anche, però per chi ci vuole male quando ti prendono in aeroporto e dirottano un aereo non guardano se sei italiano o no. Vedono se sei ebreo. I miei figli sono ebrei. Per cui io non vado. Li proteggo. Faccio quello che devo fare e poi vediamo. Se dobbiamo uscire per strada usciamo. Ai miei amici ho detto: ‘andate… e poi?’. Dobbiamo rimanere e fare ciò che dobbiamo. Capisco la scelta di chi vuole andare ma ognuno deve rispondere alla propria coscienza. Io non me ne vado. Per quanto mi riguarda sto qui e se devo fare qualcosa la farò. Il mio appello voglio ripeterlo, ed è: liberiamo i bambini, le mamme, le nonne strappati alle famiglie; anche malati e con l’Alzheimer, presi e portati a Gaza. Intere famiglie. Che vengano liberati e poi vedremo cosa succederà”.

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