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Perdite di metano, a Foligno registrati picchi elevati

Nel corso della campagna “C’è puzza di gas – per il futuro del Pianeta non tapparti il naso”, portata avanti da Legambiente, sono stati condotti rilevamenti in prossimità di due impianti della città. Zara: “Anche se non lo vediamo le infrastrutture hanno un impatto”

Pubblicato il 23 Ottobre 2025 17:29 - Modificato il 23 Ottobre 2025 17:30

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Fare luce su un problema invisibile. Questo in estrema sintesi l’obiettivo della campagna nazionale di Legambiente “C’è puzza di gas – per il futuro del Pianeta non tapparti il naso”, che ha fatto tappa anche a Foligno. Martedì 21 e mercoledì 22 ottobre sono state condotte delle attività di monitoraggio su un impianto di regolazione e misura della rete di trasporto del metano, ma anche su una cabina di regolazione e misura della rete di distribuzione.

Campagna alla sua terza edizione, che attraverso rilevamenti in tutta Italia, vuole denunciare i rischi legati all’estrazione e alla distribuzione del gas fossile nel Paese, mettendo in evidenza, grazie a specifici monitoraggi delle infrastrutture della filiera, le perdite e i rilasci di metano. Con la volontà, inoltre, di promuovere una maggiore trasparenza sul tema e l’introduzione di controlli più rigorosi e interventi più sistematici su tutte le perdite. “L’intento – ha sottolineato Katiuscia Eroe, responsabile nazionale energia Legambiente – è quello di stimolare il governo italiano a recepire un regolamento più preciso e stringente. Il primo passo sarebbe quello di controllare le migliaia di chilometri di infrastrutture che abbiamo nel nostro territorio”.

“Anche se non le vediamo – ha aggiunto il presidente di Legambiente Umbria Maurizio Zara –, le infrastrutture hanno un impatto. In Italia non essendoci controlli stringenti, non è possibile quantificare le perdite. Ma Legambiente, solo in diciassette giorni di monitoraggio nel 2024 è riuscito a trovare un numero di emissioni superiori a quelle dichiarate dalle imprese. È evidente che c’è un gap. È quindi importante capire l’entità del problema, quantificarlo e comprendere quali sono le regole per poter intervenire”.

Uno degli impianti monitorati

Legambiente negli scorsi giorni ha effettuato monitoraggi, tra Perugia, Foligno e Spello, riportando i picchi registrati in prossimità degli impianti, attraverso l’utilizzo di un “naso elettronico”, un particolare strumento in grado di calcolare in densità la colonna di metano, arrivando poi, attraverso specifiche misurazioni, al valore in ppm (parti per milione): l’unità di misura comunemente utilizzata a livello internazionale per valutare le fuoriuscite di metano. Le concentrazioni rilevate, considerando che la concentrazione di metano nell’atmosfera terrestre è in media pari a circa 2 ppm, sono state poi classificate secondo la seguente scala: fino a 10 ppm, valori localmente compatibili con la normalità o solo lievemente elevati (irrilevante); da 10 a 100 ppm, indicativi di potenziali rilasci da impianti o infrastrutture (basso); da 100 a 1.000 ppm, segnalano la presenza di una perdita significativa (medio); oltre 1.000 ppm, indicano un’emissione importante, con possibile rischio di fenomeni pericolosi come esplosioni (alto). Al di sopra della soglia di 500 ppm, secondo quanto previsto dal regolamento europeo sulle emissioni di metano, l’impresa è obbligata a intervenire per riparare o chiudere il punto emissivo.

A Foligno nel primo impianto monitorato, relativo alla rete di trasporto, è stata registrata una concentrazione massima di 343 ppm su una valvola. Significativo anche il valore rilevato su una flangia dello stesso impianto che ha raggiunto un picco di 104 ppm. Ancor più rilevante il dato registrato nella cabina di regolazione e misura della rete di distribuzione, dove la concentrazione più elevata è stata di 1.640 ppm, misurata in prossimità di una flangia. Su altre due flange della stessa cabina, la massima concentrazione registrata è stata invece di 90 ppm.

Il “naso elettronico”

“Tante piccole perdite – ha specificato la responsabile energia di Legambiente –, sommate tra loro danno lo stesso risultato di una grande perdita. Non è tanto l’entità, ma il fatto che anche la più piccola non dovrebbe esserci. Sarebbe necessario un controllo serrato”.

Numerose le problematiche legate alle emissioni di metano, primo fra tutti il rischio climatico. “Il metano, infatti – ha spiegato Katiuscia Eroe – è fino a 86 volte più climalterante della Co2. Metano che, tra l’altro, è un precursore dell’ozono e che quindi comporta tutta una serie di conseguenze sia sulla salute degli umani che della biodiversità in generale. In aggiunta c’è anche un rischio sociale ed economico, perché lo spreco viene pagato. Quindi, sarebbe fondamentale intervenire sulle perdite anche per ridurre i costi in bolletta. Vorremmo che questo Paese guardasse alla realizzazione di strutture diverse legate alle rinnovabili che ci consentano di uscire dall’utilizzo del gas nei tempi stabiliti dal cambiamento climatico”.

Una tematica che coinvolge Foligno non soro per gli impianti di smistamento e controllo ma anche per la presenza della linea che dalle Marche trasporta il gas in Umbria. “Ad aprile – è intervenuto Zara – è stato fatto un flash mob in prossimità della linea che, provenendo dalle Marche, porta il gas a Foligno e che ora è in fase di manutenzione. Manutenzione per la quale occorre scavare un solco lungo tutta la montagna per la sostituzione dei tubi, con un impatto paesaggistico importante. Oltre alla vecchia struttura in manutenzione, è in fase di realizzazione anche una nuova linea più capiente e quindi con un maggiore impatto. Un progetto che fa parte di una strategia nazionale per creare più infrastrutture con  l’intendo di creare un hub europeo del gas. Come Legambiente sollecitiamo ad un’alternativa, ma mentre lo facciamo si stanno creando nuove infrastrutture”.

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