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Calcio, fotografia e lavoro: a Capodacqua i migranti non fanno paura

Pubblicato il 4 Dicembre 2016 10:22 - Modificato il 5 Settembre 2023 18:38

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L’emergenza nordafricana che ha dovuto affrontare l’Europa a metà 2015 ha visto protagonista anche la regione Umbria e più sullo specifico il comune di Foligno. Rgunotizie.it ha realizzato un viaggio attraverso i moduli abitativi della frazione di Capodacqua per cercare di cogliere le reali impressioni di questi villaggi ormai divenuti multietnici, che ha visto unirsi l’integrazione della popolazione e le sensazioni dei migranti, a contatto con una realtà completamente nuova. “Il progetto nasce tra il 2011 e il 2012 con la prima emergenza nordafricana, con quel primo esodo di migranti che l’Italia dovette gestire in maniera tempestiva e proprio qua nel territorio folignate ci furono le prime accoglienze situate nelle frazioni di Capodacqua e Belfiore – dichiara il presidente di Arci Solidarietà Franco Calzini – il programma vedeva la loro integrazione con la popolazione attraverso varie attività di pubblico impiego come lavori socialmente utili e corsi di insegnamento d’italiano. Insieme alla Caritas di Foligno siamo stati i gestori di questa emergenza, diretta in primis dalla prefettura di Perugia in quanto la titolarità del progetto spetta a loro. Nel 2013 il programma, almeno dalle nostre zone, fu chiuso per poi essere riaperto con la seconda emergenza migranti del 2015. Questa seconda ondata è stata ancor più numerosa della prima, con ospiti prevalentemente provenienti dalla Nigeria: nel primo caso erano del Bangladesh. Anche questa volta l’integrazione con i paesi è stata ottima senza particolari problemi, le attività svolte quelle di pulizia delle strade o manutenzione delle aree verdi concordate sempre con Arci e Comune realizzate in tranquillità nelle zone insieme ovviamente ai corsi d’italiano per aumentare il loro livello d’integrazione. Per quanto riguarda gli alimenti – prosegue il racconto Calzini – una volta a settimana si realizza una spesa concordata con noi di Arci. Il disagio della struttura decentrata, non propriamente vicina alla città, è ovviata dal grande cuore e sensibilità dei cittadini di questi paesi di montagna che rendono la permanenza dei rifugiati più che positiva”. GLI ABITANTI – La vita in questi villaggi è una vita ormai cadenzata da moltissimi anni. Ci sono residenti, coppie che per scelta di vita scelgono questa soluzione per moltissime ragioni e anche studi medici “sono più di 18 anni che esercito la mia professione in questo villaggio d’emergenza – dichiara il dottor Feliciano Martini – e mi ha fatto un certo effetto il famoso servizio de Le Iene che lo mostravano deserto, una visione abbastanza distorta in quanto da sempre e da anni c’è vita. Proprio per questo motivo sono fiero ed orgoglioso di esercitare la mia professione in luoghi come questi, dove la genuinità è alla base”. Ilaria Rossi è una ragazza in cerca di lavoro che vive per scelta di vita insieme al proprio compagno in uno dei moduli abitativi di Capodacqua: “Ricordo perfettamente quando ad aprile ci fu il primo arrivo dei nuovi ospiti – racconta -. Non nego che all’inizio è stata dura, in quanto arrivarono tutti insieme: un numero molto importante per una frazione come Capodacqua (circa 70, ndr). Ci sono state diverse situazioni di caos – prosegue Ilaria – ma credo che sia fisiologico con un numero così elevato. Dopo un mese il numero fu abbassato a 25 e da allora non ci sono stati più problemi. Ovviamente hanno degli usi diversi dai nostri ma questo fa parte del processo di integrazione”. Alla fine del villaggio in una piccola area di breccia insieme a quattro pietre che simulano le due porte di calcio, gli ospiti si sono realizzati un campo da pallone d’emergenza. Sappiamo quanto sia importante per loro il calcio: ogni qualvolta un migrante viene accolto da comunità locali si porta dietro con sé un pezzo di Africa. PARLANO “LORO” – Le tradizioni come la musica e lo sport immancabile come il calcio, anche se fatto in situazioni non proprio consone. “Per noi il calcio è divertimento e gioia, abbiamo anche una squadra regolarmente iscritta al campionato Uisp chiamata Foligno International – ci racconta Emoragbon Esosa – con la quale ci stiamo togliendo discrete soddisfazioni. Da quando sono arrivato in Italia all’incirca 6 mesi fa, posso dire di essere stato accolto più che bene, non ho avuto nessun problema con i cittadini del posto e grazie all’Arci ho potuto anche dare il mio contributo con varie attività socialmente utili”. Ovviamente i programmi di integrazione non durano più di 1 anno e il loro perdurare in queste zone è dettato dai vari permessi che riescono a ottenere. In questi mesi, oltre alla preoccupazione delle famiglie lasciate in Africa, gli ospiti hanno dovuto vivere anche una nuova situazione come quella del terremoto: “Da noi in Nigeria non lo abbiamo mai sentito e devo dire che ci ha spaventato molto. Noi siamo fuggiti – dichiara Lucky Erasmus – perché nei nostri villaggi non c’è sicurezza, c’è un alto tasso di corruzione e c’è il problema del Boko Haram. Grazie all’Arci e al Comune di Foligno possiamo realizzare progetti di integrazione per noi molti importanti, ma soprattutto cercare in qualche modo di trovare delle soluzioni alternative alla nostra realtà così martoriata. In questi mesi oltre ad aver aiutato con lavori come pulizia strade e manutenzione del verde, abbiamo realizzato anche un Flash Mob per la giornata mondiale del migrante e partecipato anche con un progetto fotografico all’interno dell’Umbria World Fest. Ovviamente anche se il mio futuro non potrà essere in questa comunità, ci tengo a ringraziare tutti gli abitanti di Capodacqua per la loro estrema disponibilità che hanno avuto nei nostri confronti”.

 

 

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