Un silenzio surreale, ogni tanto interrotto dalla caduta dei calcinacci. Una città sgretolata, ridotta a cumuli di macerie che adesso, lì per terra, raccontano la disperazione e il dolore di Norcia, colpita al cuore dal sisma. Alcuni dei simboli della cittadina umbra non hanno resistito alle frustate della scossa tellurica del 30 ottobre scorso. L’ultima, e la più insopportabile, da quando la regione verde d’Italia è ripiombata nel caos generato dal terremoto. Una piazza spenta quella in cui riusciamo ad affacciarci mentre i vigili del fuoco e la protezione civile sono al lavoro, privata di quella energia che la contraddistingueva e che sembra essersi persa tra le crepe che l’hanno squarciata. Edifici sbriciolati, vite scheggiate e lo spirito debole. È la fotografia che si ripete in ogni vicolo, ogni piazza, dentro tutte le finestre. È la percezione che riposa sopra alle panchine impolverate, il sentore che si annida tra i rami di ferro che fuoriescono dalle pareti più ostinate che, nonostante i lividi, non hanno ceduto totalmente e che oggi rappresentano il ricordo della Norcia che fu. Il masso più pesante è quello sul cuore. Eppure Norcia è ancora tutta lì. Tanti i cittadini che non hanno voluto abbandonare la loro casa e che, spettatori della loro stessa disgrazia non fuggono via. Sono lì, a combattere il freddo già dalle prime luci dell’alba, coperti di speranza riempiono i moduli in attesa che qualche vigile del fuoco li accompagni a riprendere i propri beni. In sottofondo il suono dei cellulari che rimandano alla vita. Dall’altra parte della cornetta amici e parenti chiedono notizie e cercano parole di conforto per non far crollare anche l’anima. Dietro la facciata della basilica di San Benedetto, l’unica parete della struttura ad esser rimasta in piedi, il sole a ricordare che non c’è ombra che possa oscurare la bella Umbria. Ed è da lì che si riparte, ogni mattina ed una dopo l’altra. Gli uomini in divisa si allacciano i caschetti e tirano fuori dalle norcinerie le salsicce e i prosciutti, i vestiti e le fotografie dalle case distrutte e riconsegnano un po’ di vita ai corpi svuotati delle persone. Da ogni parte d’Italia arrivano braccia pronte ad aiutare, coperte e beni di prima necessità, vengono allestiti nuovi campi dove riposare e dove raccogliere le forze, necessarie a ricostruire e ricostruirsi. L’amore per la propria terra e la voglia di vederla risplendere più bella di prima saranno l’ago e il filo con cui ricucire lo squarcio.
Reportage fotografico a cura di Alessio Vissani