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Suicidi a Spoleto, ragazza scrive al vescovo: “Nessuno ci insegna a vivere”

Pubblicato il 10 Aprile 2017 13:58 - Modificato il 5 Settembre 2023 17:39

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“La vita non è rosa e fiori ma nessuno ce l’ha mai insegnato…”. Sono le parole di una giovane studentessa giunte direttamente all’arcivescovo di Spoleto-Norcia monsignor Renato Boccardo. La lettera è stata parte dell’omelia del presule durante la domenica delle Palme. Sono tanti, troppi, i casi di suicidio che hanno coinvolto negli ultimi anni Spoleto e in particolare il Ponte delle Torri. A loro, in una cattedrale gremita di fedeli, è andato il pensiero di Boccardo. “Ho paura – esordisce nella missiva la giovane ragazza – il suicidio nella mia classe è un taboo”. Esortato probabilmente da questa amara conferma monsignor Boccardo ha letto ai presenti le parole della giovane sollecitando tutti ad una maggiore responsabilità. “E’ più importante – prosegue la lettera – terminare i programmi e riempirci la testa di matematica e di italiano, mentre nessuno ci guarda e ci chiede ‘come stai?’. Non c’è mai posto per ciò che si pensa, sei importante solo se sei il migliore, ma se stai soffrendo diventi un diverso, un problema da allontanare nella nostra vita ‘priva di ostacoli e difficoltà’. A me non interessa – continua la studentessa – avere una bella pagella e poi scoprire che non mi importa di sapere come sta il mio compagno di banco che ieri c’era e oggi non c’è più. Mi hanno detto che è normale. Ho pianto e urlato ma nessuno ugualmente mi ha ascoltato. Perché non ci insegnano a guardare negli occhi qualcuno e a capire veramente come si sente? Perché non ci insegnano a conoscerci invece di nasconderci dietro questa facciata di moralismo, dove tutti sanno tutto ma forse non si conoscono. La vita – conclude – non è rosa e fiori, ma nessuno ci ha mai insegnato che esistono delle difficoltà e c’è una grande differenza fra ‘superiamole insieme’ e ‘non preoccuparti, ci penso io!'”. “Un grido disperato di aiuto” come lo ha definito lo stesso Boccardo che disegna i tratti di una società in cui i giovani si sentono sopraffatti e soli. Parte da qui l’appello del vescovo alle famiglie, alle scuole,a gli educatori, alla società civile e cristiana, la sollecitazione ad accompagnare i ragazzi nel loro percorso di crescita. Quella che si appresta ad essere la settimana Santa, durante la quale Gesù ha vissuto con sofferenza i suoi ultimi giorni terreni, diventa così l’occasione per riconoscere la sofferenza dei giovani d’oggi e per riaccendere in loro un pizzico di speranza.

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