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“Sancarlista”, due volte sindaco e quel bilancio ripianato: Manlio Marini lascia Foligno

Pubblicato il 29 Dicembre 2019 07:40 - Modificato il 5 Settembre 2023 14:14

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Dire addio alla città natale, quella in cui si è cresciuti, formati e per la quale tanto ci si è spesi, non è mai semplice. Se poi tra le pagine dei protagonisti della storia cittadina c’è anche scritto il tuo nome, il carico di ricordi ed emozioni nostalgici rende ancor più pesante il momento dei saluti. Ne sa qualcosa Manlio Marini, grande personaggio politico e due volte sindaco di Foligno, che lascerà la sua amata città. Le motivazioni di questa separazione sono legate a vicissitudini di carattere prettamente familiare. Se ne va, quindi, un pezzo di storia cittadina. Una storia non solo politica. Con Marini, infatti, se ne va una preziosa testimonianza degli anni folignati che furono. Dalla guerra, ai bombardamenti, passando per la lotta di liberazione e la rinascita tesa al recupero della libertà e della democrazia. Tra i sancarlisti che ha fatto politica nella Dc, concedendosi ad un’intervista per la Gazzetta di Foligno realizzata da Roberto Di Meo, Manlio Marini ha spiegato le ragioni dell’addio ed ha ripercorso gli anni ed i momenti per sempre indelebili nella sua memoria. “Una decisione che è maturata per motivi esclusivamente familiari”, così ha detto l’ex sindaco. Sì, perché la malattia della moglie, non più autosufficiente, e un’età, quella di Marini, che avanza, sono stati fattori che hanno concorso alla scelta del trasferimento a Pistoia, città in cui vive la figlia da tempo preoccupata per la lontananza. “Dire che sono contento, no. Però…però. D’altra parte a Foligno ne ho fatte tante, anche troppe, per cui adesso mi duole di meno lasciare la mia città dopo 85 anni”. Nell’intervista, Manlio Marini si è soffermato sull’importanza del San Carlo come palestra di vita, per lui preziosissimo punto di ritrovo per una crescita personale. Ha ricordato i compagni Walfrido Paoli, Adelio Fiore, Giacinto Cecconelli, Leonello Radi, Pierino Finauri, e poi, Stefano Ponti, Hans Schoen, Lucio Benigni e Luciano Radi. “Tutta gente – ha detto – che, grazie agli insegnamenti e ai valori non solo spirituali ma anche socio-politici, ha iniziato il proprio cammino.” Don Angelo Lanna, don Odorisio Capoccia, don Dino Tomassini e don Giuseppe Betori. É stato loro l’invito rivolto ai giovani Sancarlisti, un invito all’impegno politico, avulso dalla scelta del partito. Marini, come altri, decise di aderire a questo invito e fece la sua scelta individuale. Da qui iniziò il suo percorso politico e sociale. Un percorso su cui ha riflettuto: “Di errori ne avrò fatti tanti, però di una cosa sono convinto, ho fatto tutto non per ambizione personale ma per servizio”. Numerosi gli incarichi ricoperti. Consigliere comunale, capogruppo di opposizione, vicesindaco, segretario del partito, due volte sindaco, membro della direzione provinciale della Dc, presidente degli Amici della Musica, presidente del Parco di Colfiorito, presidente dell’Associazione città del miele. “Ebbene – ha voluto puntualizzare – a nessuno di questi incarichi mi sono candidato, mi hanno sempre scelto gli altri, poi se ho fatto bene o male è un altro discorso”. Bocca e memoria sembrano correre all’unisono, ed ecco che l’attenzione scivola a quando era assessore al Bilancio. A quando cioè realizzò l’operazione di risanamento del Comune. Furono azioni, le sue, volte ad accelerare il rientro dell’amministrazione e ridare dignità all’istituzione in soli tre anni, anziché in dieci: “E’ stata una sofferenza, però ebbi la soddisfazione di aver ripianato il bilancio e di non aver avuto nessun ricorso dei creditori”. Poi l’esperienza nelle vesti di primo cittadino, con due eventi unici in Italia. Nel 2006 il bicentenario della morte di Giuseppe Piermarini e nel 2009 il settimo secolo della conversione di Sant’Angela. Ma anche momenti difficili. Il primo quando, per una delibera regionale precedente, dovette far fronte al caso dell’abbattimento (poi mai eseguito) dei ponti di Porta Firenze e della Vittoria, con annessa sollevazione popolare sfociata in duri attacchi e critiche. Il secondo, legato all’esodo dei primi anni Novanta dei profughi albanesi in fuga dalla guerra: “Non eravamo ben attrezzati, ma riuscimmo comunque a risolvere il problema, tra non poche difficoltà”. In chiusura di intervista, Manlio Marini ha parlato del grande rapporto e supporto unano, prima che religioso, con il vescovo Giovanni Benedetti, il cui ricordo, insieme agli amici e alla formazione morale e civile del San Carlo, troverà certamente spazio nella valigia preparata per la partenza da Foligno. “Il resto – ha concluso – è stato esclusivamente un servizio a questa città che ho amato, amo e continuerò ad amare”.

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