Nella provincia di Perugia la prima parte del 2021 ha fatto segnare un consistente aumento dei decessi. A lanciare l’allarme, rifacendosi ai dati dell’Istat prodotti di concerto con l’Istituto superiore di sanità, è il segretario generale Spi Cgil provinciale, Mario Bravi. Nonostante l’Umbria abbia una delle aspettative di vita più alte a livello nazionale, per il sindacalista il Covid ed i suoi effetti collaterali hanno lasciato “tracce profonde”. Una tesi, la sua, suffragata dal report che confronta il numero dei decessi nei primi sette mesi dell’anno corrente con quelli del 2020 e degli anni precedenti. Ciascuna delle mensilità del 2021, da gennaio a luglio, offre infatti un computo delle morti sempre maggiore rispetto agli stessi periodi dello scorso anno e alla media 2015-2019. Dati poco interpretabili che, secondo Bravi, parlano in modo eloquente e netto dell’incidenza del Coronavirus e dei suoi effetti collaterali nella provincia di Perugia. Volendo snocciolarne qualcuno, confrontando per esempio febbraio 2020 e 2021, l’aumento dei decessi (da 661 a 876) è quasi pari al 30%, con un trend sensibilmente superiore a quello nazionale.
Prima ancora, gennaio: nel 2021 le morti sono state 808, nel 2020 erano state 663 e di 784 è invece la media 2015-2019. Nello scorso marzo se ne sono contate, invece, 857, di contro alle 732 del 2020 e alla media di 680 nei cinque anni precedenti. Settecentoventi i decessi ad aprile, rispetto ai 617 dello scorso anno a alla media di 621 relativa sempre al periodo 2015-2019. A maggio 2021 se ne sono contati poi 629, nel 2020 erano 576 e 602, invece, è il dato medio per lo stesso mese tra il 2015 e 2019. Infine, giungo e luglio: quest’anno i decessi sono stati rispettivamente 583 e 663. Negli stessi mesi del 2020, il dato parla di 567 e 577, mentre quello medio dei cinque anni precedenti segna 561 e 636.
Nota positiva, nei mesi successivi a marzo 2021 si sta riscontrando una riduzione della mortalità, “dovuta – dice Mario Bravi – agli effetti dei vaccini. È inoltre evidente – sottolinea – che l’aumento della mortalità verificatosi finora è legato non solo al Covid, ma ad una serie di patologie che non sono state affrontate adeguatamente, perché anche nell’era della pandemia – ricorda ancora il sindacalista – la prima causa di morte continua ad essere rappresentata dai tumori”. Il sindacato ritiene, in questo senso, che per contrastare l’abbassamento dell’aspettativa di vita occorre potenziare la sanità pubblica, “con politiche sanitarie – dicono dalla sigla – alternative ai tentativi di privatizzazione che la giunta Tesei-Coletto sta avvallando”. Fondamentali, per il segretario provinciale, il potenziamento della presenza dei servizi rafforzandone la territorialità.
“Il vero antidoto per sconfiggere il virus – ribadisce infine Bravi – è rappresentato dall’estensione e dal completamento della campagna vaccinale, non escludendo la terza dose – prosegue – per le persone fragili”. Il sindacato chiede, dunque, la riapertura di un confronto sul futuro della sanità regionale teso a “superare le gravi disfunzioni che quotidianamente colpiscono cittadini e pensionati”.