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“Lavoratori poveri” e forte presenza di italiani: il rapporto della Caritas sull’indigenza in Umbria

Pubblicato il 10 Novembre 2021 16:23 - Modificato il 5 Settembre 2023 11:36

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In vista della V Giornata mondiale dei poveri indetta da Papa Francesco e a due giorni dall’incontro dello stesso pontefice con un gruppo di poveri nella basilica di Santa Maria degli Angeli di Assisi, nella sala conferenze del Museo Diocesano e Capitolare di Terni, è stato presentato il terzo Rapporto Caritas sulle povertà in Umbria 2020, alla presenza di monsignor Renato Boccardo, Arcivescovo di Spoleto-Norcia, presidente della Conferenza Episcopale Umbra (Ceu) e delegato per il servizio della carità, di monsignor Giuseppe Piemontese, vescovo di Terni-Narni-Amelia, di professor Marcello Rinaldi delegato regionale della Caritas, di Velia Sartoretti volontaria Caritas che ha raccolto ed elaborati i dati, del professor Pierluigi Grasselli, economista.

I dati raccolti nei Centri di ascolto Caritas delle 8 diocesi umbre evidenziano come la povertà abbia sempre più natura strutturale e si caratterizzi da tempo per una elevata quota di famiglie in stato di povertà assoluta.

In totale i richiedenti aiuto nel 2020 sono stati 3.516, di cui 1.868 donne e 1648 uomini. Gli stranieri aiutati sono stati 1831.

La pandemia ha aggravato la situazione, mostrando le carenze del sistema e inasprendo le disuguaglianze. Lo confermano i dati del Rapporto con 782 nuove persone richiedenti aiuto a causa dagli effetti del Covid-19, e con una forte presenza di italiani.

Il rapporto mostra come stia cambiando la composizione dei poveri con la presenza di disoccupati (669), ma anche quella degli occupati (585), che dunque rappresentano “lavoratori poveri” quando un lavoro non adeguatamente retribuito può non preservare dalla povertà.

Informazioni di grande rilievo sono quelle riguardanti la qualità e la frequenza dei bisogni: su un totale di 7830 richieste di aiuto, l’incidenza più elevata riguarda i bisogni strettamente collegati ad una condizione di povertà, quali i sussidi economici o altre tipologie di beni o servizi (35,9%), seguiti dalla richiesta di occupazione (29,1%), dai bisogni legati alla famiglia (8,7%), alla casa (8,2%), all’immigrazione (5,5%), alla salute (4,6%).

Questa matrice dei bisogni mostra la multidimensionalità della povertà, e la conseguente necessità di una molteplicità di interventi.

Tra i problemi, si propongono quelli legati al pagamento di un affitto, per 1.771 assistiti; oppure alla presenza di figli minori conviventi per 984 richiedenti che manifesta la rilevanza che può assumere il problema della povertà minorile.

La Caritas ha accresciuto in misura rilevante il volume degli interventi, ed anche la loro articolazione, introducendo innovazioni nelle modalità erogative.

Nel 2020 sono stati effettuati dalle Caritas diocesane 77.014 interventi di cui 4472 per beni e servizi materiali (tra cui compaiono empori e market solidali, viveri, mensa e vestiario); 15.436 per l’alloggio; 11.132 per l’ascolto; 2897 per sussidi economici; 930 per il coinvolgimento di enti o associazioni; 750 per lavoro; 441 per consulenza professionale; 433 per orientamento; 207 per la sanità; 52 per la scuola e 12 per servizi socio-assistenziali

In tutte queste direzioni, le Caritas diocesane operano spesso in rete con altri attori, pubblici e privati. In tal senso gli interventi di mons. Boccardo, monsignor Piemontese e del professor Grasselli hanno evidenziato la necessità per la regione Umbria di superare i campanilismi, di lavorare in rete, per far sì che la voce a sostegno dei poveri sia più chiara e decisa.

Monsignor Boccardo in particolare ha detto: “Dietro i numeri che oggi presentiamo ci sono tante storie di vita e di sofferenza, c’è un popolo che sperimenta la fatica dell’oggi e la paura del domani. Solo insieme, istituzioni civili e religiose, associazioni e terzo settore, riusciremo a produrre qualcosa per introdurre nella società germi di bene che contrastino i germi del male così diffusi oggi”.

Il professor Grasselli ha auspicato “una pluralità di politiche, da coordinare, per raccogliere le informazioni necessarie, sfruttare le sinergie potenziali, monitorare i risultati conseguiti. Per realizzare al meglio questo processo può attuarsi un approccio di ‘welfare responsabile’, che implichi il coinvolgimento coordinato di tutti gli attori del welfare locale”.

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