Premiato per “aver raccolto un’eredità importante mantenendo la barra dritta di un giornalismo serio e rigoroso”. È la motivazione che ha spinto la giuria del Premio nazionale “Dodici giornali sottobraccio” a scegliere il direttore de Il Foglio, Claudio Cerasa, per l’assegnazione del riconoscimento dedicato alla memoria di Ariodante Picuti, giunto quest’anno alla sua quinta edizione. Si allunga così la lista di grandi e importanti giornalisti passati per il Salone d’Onore di palazzo Candiotti per ricevere il premio ideato dal giornalista Roberto Conticelli, presidente di giuria, con il benestare dei figli del compianto avvocato folignate, Giovanni e Maria Romana, e inserito all’interno del programma settembrino della Quintana.
Perché, della Quintana, è stato una figura chiave: per anni alla guida dell’Ente Giostra e poi come presidente onorario. “Ha fatto sì – ha ricordato l’attuale numero uno di palazzo Candiotti, Domenico Metelli – che questa manifestazione entrasse nello Statuto del Comune”. “Lo celebriamo – ha quindi sottolineato – perché è l’unico modo per dire che ci manca, per ricordare tutto quello che ha fatto e che ci ha insegnato”. Un uomo simbolo della Quintana, ma non solo. “Tra Ariodante Picuti e Foligno c’è un legame inscindibile – ha dichiarato Conticelli -: è stato un punto di riferimento di questa città per oltre mezzo secolo e più in generale di tutto il territorio, dalle sue origini bevanati alla carica di sindaco di Nocera Umbra a soli 26 anni. Non esiste altro personaggio umbro così legato al suo territorio di riferimento”. Tante anche le qualità umane riconosciute a Picuti. Non solo una figura politica, ma anche e soprattutto un uomo che “sapeva ascoltare la gente – ha detto il presidente di giuria – convinto che solo da confronto può nascere il bene collettivo. Era un’antenna perennemente accesa verso l’altro. Un esempio ancora da seguire”. “Questo premio – ha dichiarato Giovanni Picuti – va, quest’anno, ad una persona che papà avrebbe stimato molto”. Lui che de Il Foglio è sempre stato un lettore molto attento, fin dai primi anni.
Una figura a tutto tondo, dunque, che ben ha ricalcato quel concetto di “contaminazione” richiamato dal direttore de Il Foglio. “In questo premio – ha infatti dichiarato Claudio Cerasa – c’è una contaminazione di mondi diversi che si influenzano e questa è l’essenza di quello che dovrebbe essere il giornalismo. Oggi – ha proseguito – ci troviamo costretti a vivere all’interno di bolle e la contaminazione è fondamentale perché ci permette di confrontarci, di mettere in discussione le nostre certezze dogmatiche”. Prendendo la parola “Foligno”, il direttore Cerasa ha quindi snocciolato una serie di caratteristiche di cui il giornalismo deve essere portavoce: dalla “F” di frastuono, che è quello che il giornalismo dovrebbe produrre all’interno dell’opinione pubblica, alla “O” di onestà, ossia di avere il coraggio di esprimere il proprio punto di osservazione, “perchè – ha spiegato Claudio Cerasa – la verità non esiste, esistono punti di vista, opinioni”. E ancora la “L” di libertà come faro che deve guidare il giornalismo; la “I” di identità e dunque la capacità di mettere insieme idee forti all’interno di un giornale; la “G” di generazione, con un occhio attento ai ragazzi; la “N” di network e quindi di connessione “al di là delle bolle che sono pericolose e spesso vengono enfatizzate”; e fino ad arrivare all’ultima “O”, quella di ossigeno, “perché, come diceva Piero Calamandrei – ha concluso Cerasa – ‘la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale solo quando comincia a mancare’”. Insomma, un riconoscimento assegnato ad un giornalista che, come sottolineato da Roberto Conticelli a conclusione della cerimonia di premiazione, dimostra una “visione chiara, lucida e all’avanguardia del giornalismo”.