Ce lo hanno raccontato gli stessi esercenti delle attività che somministrano alcolici in un nostro servizio di qualche settimana fa e ora a ribadirlo sono anche i Consorzi di Tutela dei vini dell’Umbria, che hanno deciso di scrivere una lettera al ministro delle Infrastrutture e trasporti, Matteo Salvini, in merito al decreto legge che porta il suo nome. Per gli affari di chi vende alcol, la trattazione mediatica della modifica del Codice della strada del 14 dicembre scorso è stata e continua ad essere nociva.
Stando alle “carte” le nuove norme prevederebbero un non trascurabile inasprimento delle sanzioni per chi viene fermato alla guida in stato di ebbrezza, senza modificare i limiti previsti dalla legge in vigore in precedenza. Secondo quanto riportato nella lettera inviata a Salvini dai Consorzi umbri, però, si starebbe assistendo ad una demonizzazione delle bevande alcoliche da parte dei media, che, quindi, andrebbe fermata, in quanto starebbe intaccando il volume d’affari legato alla vendita di alcolici, prodotto di punta dell’industria agroalimentare umbra.
“Noi viticoltori – si legge nella lettera firmata da ATS I Consorzi del Vino per l’Umbria e dai Consorzi Tutela Vini di Montefalco, Orvieto, Torgiano e Trasimeno – ci siamo ritrovati prima a livello europeo a combattere con leggi che affermano che il vino è pericoloso e cancerogeno, ed ora con i nuovi provvedimenti del Codice della strada in Italia che, seppur rigidi e doverosi, stanno creando, per una cattiva narrazione, non pochi problemi al mercato del vino. Crediamo sia doveroso da parte del governo un chiarimento in merito all’invariato codice della strada promuovendo una cultura del consumo moderato e responsabile. Oggi in Italia sta passando il concetto di non bere assolutamente prima di mettersi alla guida, che oltre ad essere un errore di comunicazione, va a colpire anche la stragrande maggioranza dei consumatori. Chiudiamo questa lettera chiedendole maggiore comprensione nei confronti di tutto il mercato del vino e collaborazione per la diffusione di un consumo consapevole e moderato di vino di alta qualità che da sempre contraddistingue l’Italia”.
Tra le richieste avanzate nella missiva, quella di “diffondere delle linee guida del consumo di alcool ed il relativo smaltimento”. Ad esempio, specificano, “quanti bicchieri di vino è possibile permettersi di bere al ristorante, bevendo anche acqua e mangiando adeguatamente, senza superare il limite di legge” o ancora “consigli su come organizzarsi al ristorante” con riferimento al conducente che “non beve mentre gli altri sono liberi di farlo” e fino ad arrivare a “portare a casa una bottiglia non terminata a tavola”. Mentre l’impegno degli stessi operatori del settore è quello di “valutare altre strade, come la produzione di bottiglie di minori dimensioni, come quelle da 0.375 litri per facilitarne il consumo e la vendita nei ristoranti”.
Resta da capire quanto davvero si tratti a tutti gli effetti di “terrorismo psicologico” e quanto, invece, gli inasprimenti implementati dal Ddl Salvini in materia siano, concretamente, ciò che disincentiva i consumatori dal bere alcol prima di mettersi alla guida, esponendoli a rischi sanzionatori che, se prima potevano essere quasi ignorati, oggi non sembrano lasciar spazio ad alcuno strappo alla regola, punendo con fermezza chi trasgredisce. Fatto sta che, terrorismo o no, come testimoniato dalla lettera dei Consorzi umbri, la nuova normativa presenta una sfida importante per l’impresa italiana e umbra nel particolare, che rischia in alcuni casi la propria stessa sopravvivenza. Staremo a vedere se e come reagirà il settore vinicolo del Cuore Verde d’Italia.