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Foligno, chiude la metà delle filiali di Intesa Sanpaolo. “Frutti avvelenati della fusione”

Pubblicato il 25 Giugno 2021 15:22 - Modificato il 5 Settembre 2023 12:12

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Quindici filiali pronte a chiudere entro la fine dell’anno, che si vanno ad aggiungere alle sei già chiuse in questi primi mesi del 2021. A tagliare è Intesa Sanpaolo, colosso bancario che in Umbria sta proseguendo il percorso di razionalizzazione degli sportelli. Una politica che non piace ai sindacati, pronti a dare battaglia. E sono proprio le sigle sindacali a mettere nero su bianco una previsione che purtroppo si sta avverando. “Come temevamo – spiegano i coordinamenti rsa Intesa Sanpaolo di Fabi, First Cisl, Fisac Cgil Uil.Ca Uil e Unisin – stanno arrivando a maturazione i frutti avvelenati dell’operazione di fusione tra Intesa Sanpaolo e Ubi. Il 24 giugno – proseguono i rappresentanti sindacali – ci sono state notificate le decisioni unilaterali della banca, in merito ad una ulteriore tornata di chiusure di filiali che colpisce la nostra regione”. Alle 6 filiali chiuse nel primo semestre 2021 – come evidenziato dalle rsa – se ne aggiungeranno altre 15, per un totale di 21 sportelli in meno nel giro di dodici mesi. Tra le città più colpite ci sono Foligno, Perugia, Terni e Città di Castello. Proprio a Foligno verrà chiuso il 50% delle filiali cittadine (da ottobre a dicembre), ovvero quelle di via Palombaro, via Sportella Marini e Vescia. “La zona nord/est di Foligno – spiega Claudio Cecconi, rsa First Cisl del folignate – che conta oltre 10mila persone, montagna compresa, rimarrà senza uno sportello. A Foligno, dopo aver ceduto due filiali ad un’altra banca e dopo la chiusura dello sportello de La Paciana, si prosegue a tagliare senza ritegno”. Città di Castello vedrà la chiusura di 5 filiali su su 9. Alle sigle sindacali non piacciono nemmeno le logiche, “che non tengono conto delle distanze tra sportelli, né le difficoltà logistiche e di viabilità che la morfologia regionale comporta a clienti e dipendenti, che dovranno raggiungere le filiali ancora aperte. Alle gravissime difficolta dei clienti si aggiungono le inevitabili ripercussioni sui dipendenti – proseguono i sindacati – che vedono stravolti percorsi professionali e opportunità lavorative”. Da qui, l’appello: “Invitiamo con urgenza le istituzioni regionali, le associazioni dei consumatori e di categoria, le forze politiche e i sindaci, non solo dei comuni coinvolti, a esprimere dissenso e forte opposizione verso scelte decise in sedi molto lontane rispetto al nostro territorio e che spregiano le sue esigenze e le sue peculiarità. È quasi purtroppo superfluo evidenziare come saranno le categorie più deboli e le persone più anziane – proseguono – a scontare maggiormente il peso di tali scelte, con l’aggravante delle ulteriori difficoltà create dal periodo pandemico tuttora in corso e sempre molto pericoloso. Crediamo – concludono Fabi, Cisl, Cgil, Uil e Unisin – che la politica debba far sentire forte la sua voce a tutela della cittadinanza e del territorio umbro, spesso emarginato da scelte che nulla hanno a che vedere, con la tanto sbandierata responsabilità sociale, di cui si riempie la bocca, la banca che si definisce banca del Paese”.

Fabio Luccioli
Fabio Luccioli
Direttore di Radio Gente Umbra e Gazzetta di Foligno

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