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Tagli ai Comuni, il grido d’allarme di 43 sindaci umbri: “Meno servizi e tariffe in aumento”

In una lettera inviata ai ministri Giorgetti e Piantedosi i primi cittadini chiedono che non si tocchino le risorse destinate alle amministrazioni locali: “Essenziali per finanziare la spesa corrente che impatta più direttamente in termini di prestazioni sulla cittadinanza"

Pubblicato il 13 Luglio 2024 11:37

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Un grido d’allarme. È quello che arriva da 43 sindaci umbri, che hanno messo la loro firma nella lettera inviata ai ministri dell’Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, e dell’Interno, Matteo Piantedosi, per chiedere un’inversione di rotta rispetto al taglio da 250 milioni di euro previsto dal decreto ministeriale per gli anni che vanno dal 2024 al 2028 e che colpiranno i Comuni italiani per 200 milioni di euro, e le province e le città metropolitane per 50 milioni di euro.

Tagli che investiranno i Comuni umbri per 16 milioni di euro. Risorse che, per i 43 firmatari di area centrosinistra, sono “necessarie, anzi vitali – scrivono – per la tenuta del Titolo I dei nostri bilanci e dell’equilibrio contabile dei nostri Enti” e per “portare avanti un’ordinata attività amministrativa”. Diversamente, quello che si prospetta sarebbe, dicono, “un taglio alla carne viva delle nostre comunità” e che li porta a chiedere “con forza che queste risorse, essenziali per finanziare la spesa corrente, quella che impatta più direttamente in termini di servizi e prestazioni sulla cittadinanza, non siano ridotte”.

Il rischio paventato, infatti, è quello per le amministrazioni comunali di dover “tagliare i servizi e aumentare le tariffe, gravando così sui cittadini”. “Così come – proseguono – non vorremmo che alcuni Sindaci Umbri si trovassero, e sarebbe un duro colpo per l’immagine della nostra regione, nella condizione di generare disavanzo nei bilanci. Da umbri – sottolineano – crediamo che sarebbe una ferita rispetto alla storica capacità di gestire in autonomia la tenuta sociale e lo sviluppo delle nostre comunità”.

Insomma, seppur il quadro generale li porterebbe a chiedere “risorse aggiunti”, la richiesta è quantomeno che “vengano lasciate quelle attuali”. “O almeno – sottolineano che vengano date possibilità di flessibilità nella redazione dei nostri bilanci per i prossimi 5 anni (uso dell’avanzo per spesa sociale; riduzione % accantonamenti FCDE; ecc.) tali da consentirci di fronteggiare lo scenario drammatico che questi tagli comporteranno per i prossimi 5 anni e che tali tagli non si applichino già a partire dall’anno in corso”. Di fronte ad una spesa corrente apostrofata come “già ridotta” e “ai limiti della tollerabilità” e ad un “uso dell’avanzo di amministrazione per coprire costi sociali crescenti” definito “sempre più difficile”, la questione dei tagli comporterebbe ricadute “che – spiegano – non consideriamo più sostenibili”.

Da qui, dunque, l’appello a “non mortificare i cittadini” e a continuare a “garantire i servizi”. “Solo così – aggiungono – gli investimenti che stiamo attuando attraverso il Pnrr faranno ripartire l’Umbria e l’Italia”. L’auspicio, quindi, è che vengano trovate “le giuste forme per permettere ad Enti virtuosi da un punto di vista economico di non entrare in condizioni di gravi difficoltà gestionali”.

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