Si rinnova l’appuntamento con “Azzardo: non chiamiamolo gioco”, la rubrica di approfondimento curata da Radio Gente Umbra in collaborazione con la Usl Umbria 2 e la Comunità La Tenda
Anche per la seconda puntata, presenti in studio la dottoressa Lucia Coco, psicologa e referente del Centro regionale per il trattamento del disturbo da gioco d’azzardo, e Samanta Migliorati, educatrice della cooperativa Comunità La Tenda che gestisce il numero verde regionale. Prima questione toccata nel corso del secondo appuntamento della rubrica è stata la definizione di “gioco d’azzardo”. “È importante chiarire questo concetto – hanno detto le due esperte – perché quando si parla di gioco d’azzardo spesso si parla solo di ‘gioco’ facendo decadere la cruciale definizione di ‘azzardo’. Attenzione a confondere il ‘gioco’, inteso come meraviglioso bene relazionale che appartiene da sempre all’uomo, con il ‘gioco d’azzardo’. La lingua italiana – hanno continuato – non ci viene in aiuto. Si pensi all’inglese. Oltremanica, infatti, esistono diversi termini con i quali è possibile differenziare il ‘gioco’ in base alle qualità attive o passive del giocatore, come ‘play’, ‘game’ o ‘gamble’. In Italia, invece, c’è un po’ di confusione. Spesso si parla di ludopatia, termine ambiguo che indicherebbe la sofferenza del gioco, che non rappresenta assolutamente la realtà del gioco d’azzardo, per la quale sarebbe più corretto parlare di azzardopatia”. Ma quando sussistono le condizioni per parlare di gioco d’azzardo? “Ci sono elementi caratteristici – hanno spiegato Lucia Coco e Samanta Migliorati –. Si può parlare di gioco d’azzardo quando c’è una posta in gioco, quando la stessa, una volta effettuata, non può essere ritirata e quando l’esito del gioco è dovuto al caso, elemento, questo, che definisce in maniera inequivocabile un gioco d’azzardo. Attenzione, dunque, a non confondere tutto questo con i giochi di competizione, di imitazione, classici dei bambini e delle vertigini”. Interessante capire come il giocatore non si renda conto di tutto ciò e creda di poter vincere grazie alle sue abilità. “Questo avviene a causa delle famose ‘credenze distorte’ – hanno detto le due professioniste – su cui si regge l’illusione del giocatore, di cui manipolano il comportamento. Si tratta di errori cognitivi e costituisco il primo step da cui partire per dare supporto. Ce ne sono diverse: l’‘illusione di controllo’, quando il giocatore crede di aver affinato un metodo infallibile per vincere non curandosi del caso, la ‘fallacia di Montecarlo’, quando il giocatore tende a sovrastimare la probabilità di vincita in seguito ad una sequenza di perdite, la ‘quasi vincita’, la percezione, di fatto infondata, di aver sfiorato la vittoria, la ‘disponibilità di vincite degli altri’, quando il soggetto, vedendo che gli altri vincono e maturando la convinzione che le vincite abbiano una ricorrenza, continua a giocare in attesa della vittoria, le ‘correlazioni illusorie’, una forma di superstizione che mette in relazione gli eventi, la ‘sovrastima’, la fittizia percezione di predire le vincite, ed, infine, l’‘errore intrinseco’, che porta la memoria a focalizzarsi maggiormente sulle vittorie piuttosto che sulle perdite”. Interessante è la reazione del paziente con disturbo da gioco d’azzardo quando, nel servizio, viene messo al corrente di queste realtà. “Le comprende a pieno – hanno detto le due esperte – ci si rispecchia perché si attiva la razionalità. Il problema di questa piaga sociale – hanno aggiunto – è che quando si gioca la razionalità cede il passo ai bisogni emotivi, che elevano il gioco ad antidoto contro la depressione. Aspetto emotivo che – hanno concluso – non va giustificato come semplice vizio ma va affrontato grazie all’intervento di un gruppo di lavoro”. A tal proposito ricordiamo il numero verde 800410902 per contattare lo sportello, gestito dagli educatori de La Tenda, dove ricevere informazioni ed usufruire gratuitamente di uno spazio di ascolto. Lo stesso è aperto dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19.