“Un fallimento delle istituzioni, della politica e dell’imprenditoria”. Così il segretario generale della Fiom Cgil di Perugia, Marco Bizzarri, nel giorno in cui i 240 addetti Indelfab dello stabilimento di Colle di Nocera escono definitivamente dal perimetro aziendale per entrare in quello della disoccupazione. Sì, perché da poche ore, e cioè da quando è scaduta la cassa integrazione per cessazione con il licenziamento collettivo di circa 500 persone, considerando anche lo stabilimento marchigiano di Fabriano, la parola “fine” è ufficialmente scesa sulla storia della ex Merloni. Un fallimento che, per Bizzarri, non è certo colpa dei lavoratori che a suon di sacrifici hanno sempre provato a mantenere aperta una speranza di futuro per l’azienda.
“È davvero grave – sottolinea il sindacalista – che in tutti questi anni e avendo speso ingenti risorse pubbliche, sia per ammortizzatori che per ipotetici accordi di programma, non si sia riusciti a disegnare un futuro occupazionale e produttivo in questo territorio. Ma la sconfitta di oggi – osserva Bizzarri – non può e non deve rappresentare un disimpegno, di certo – dice – non lo rappresenta per la Fiom”. Il segretario precisa infatti come le istituzioni locali, regionali e nazionali devono ora farsi carico di non abbandonare la fascia appenninica al suo destino di spopolamento e impoverimento. Per lui serve insomma una sfida all’imprenditorialità, “se c’è – dichiara -, a investire e scommettere su un territorio che ha ampiamente dimostrato di poter essere protagonista di sviluppo e crescita economica”.
“È la fine di un’epoca”, gli fa eco lo storico delegato Merloni per la Fiom Cgil, Luciano Recchioni. Lo stesso che ricorda come si siano succeduti governi, amministrazioni e imprenditori, ma come tutto sia rimasto fermo. Parlando poi di uno “stabilimento oggi deserto”, Recchioni pone l’accento sui risvolti occupazionali della vicenda, ormai giunta al termine. “La situazione è drammatica – commenta – perché molti lavoratori avranno difficoltà a trovare un nuovo lavoro, con effetti che rischiano di essere spaventosi sullo spopolamento della fascia appenninica. Ecco perché – conclude riagganciandosi a Bizzarri – questo territorio non può essere lasciato solo”.