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In Umbria un’aggressione ogni due giorni al personale sanitario

I numeri allarmanti sono stati presentati dall'Opi, il presidente Nicola Volpi: “Fenomeno inaccettabile”. La Regione studia le contromisure per arginare episodi sempre più frequenti

Pubblicato il 12 Marzo 2024 18:01 - Modificato il 13 Marzo 2024 16:13

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Un’escalation preoccupante. È quella legata al fenomeno delle aggressioni al personale sanitario. L’ultimo in ordine di tempo ha riguardato, negli scorsi giorni, il personale del pronto soccorso di Foligno. Ma i casi, purtroppo, non sono più sporadici. Secondo l’Ordine delle professioni infermieristiche di Perugia, in Umbria nel 2023 ci sono stati 178 casi documentati di aggressioni ai sanitari. Tra le informazioni più rilevanti emerse dall’analisi dei dati, spicca la fascia di età più esposta al rischio: il 28% delle aggressioni ha coinvolto individui compresi tra i 40 e i 49 anni. Questo dato, che traduce in numeri concreti ben 51 casi nella nostra regione, richiama l’attenzione sulla vulnerabilità di questa fascia di età e suggerisce la necessità di interventi mirati per la sicurezza. Un’altra angosciosa constatazione emerge quando si esamina il coinvolgimento delle diverse categorie professionali. Gli infermieri, in particolare, si trovano al centro di questa allarmante statistica, rappresentando nientemeno che il 70% delle aggressioni totali registrate. Il 25% delle aggressioni riguarda gli uomini, mentre il restante 75% coinvolge le donne. Numeri allarmanti, che spingono l’Opi ha chiedere azioni immediate per arginare il fenomeno. “La violenza contro gli operatori sanitari è un fenomeno inaccettabile – dice Nicola Volpi, presidente dell’Opi di Perugia – che minaccia non solo il benessere dei singoli professionisti, ma compromette anche la qualità dell’assistenza fornita ai pazienti”. Oggi, martedì 12 marzo, ricorre la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e, per l’occasione, è stato lanciato dall’Opi il cortometraggio “#rispettachitiaiuta”. A Perugia si è tenuto un incontro alla presenza della presidente della Regione, Donatella Tesei, e dell’assessore alla Sanità, Luca Coletto. Il notevole e preoccupante incremento del fenomeno – è stato detto – è testimoniato da un numero crescente di studi presenti in letteratura anche a livello internazionale rispetto agli anni precedenti, in particolar modo riferiti alla professione dell’infermiere, considerata la categoria più vulnerabile per la tipologia di lavoro svolto, sempre a stretto contatto con i pazienti e in situazioni non ordinarie che possono generare facilmente tensione. Mentre le aree considerate più ad alto rischio secondo la raccomandazione ministeriale sono servizi di emergenza-urgenza, strutture psichiatriche ospedaliere e territoriali, luoghi di attesa, servizi di continuità assistenziale, sanità penitenziaria, servizi che svolgono attività di controllo e vigilanza. Tra le iniziative in fase di organizzazione in Umbria rientrano l’istituzione di un Osservatorio regionale, l’aggiornamento della modulistica e l’informatizzazione della raccolta dati nel rispetto della privacy con raccolta del consenso, nonché si pensa di ampliare il team di coordinamento aziendale istituendo specifici gruppi di lavoro e implementando i sistemi di allerta, videosorveglianza e monitoraggio delle condizioni dei lavoratori sia per quelli più esposti che per coloro che si trovano ad operare in condizioni di isolamento. In questo percorso sarà importante anche il confronto con le forze dell’ordine.

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