Tre anni e sei mesi di reclusione, 50mila euro di risarcimento e il pagamento delle spese legali. “Una pena esemplare”: così l’avvocato Daniela Mannaioli, legale della parte offesa, commenta la sentenza a carico di un folignate, che per anni ha maltrattato e vessato la moglie, con violenze fisiche e verbali che si consumavano quando l’uomo tornava a casa ubriaco e sfogava la sua rabbia sulla donna, anche alla presenza delle figlie, all’epoca dei fatti minorenni.
Un vero e proprio incubo che ha avuto il suo punto di svolta nel 2016 quando, all’ennesima violenza, la vittima ha trovato la forza di reagire. Era a casa di alcuni parenti, dove si era recata da qualche giorno proprio per sfuggire ai maltrattamenti, quando è stata raggiunta dall’uomo e aggredita, riportando diversi e importanti traumi. Inevitabile il traporto al pronto soccorso, così come l’intervento dei carabinieri, allertati dalla donna che, impaurita, ha chiesto aiuto.
Da quel momento, come detto, la svolta. “Nell’imminenza del fatto – spiega l’avvocato Mannaioli – sono stati allertati i servizi sociali e il Tribunale dei minori, a tutela delle figlie. Contestualmente abbiamo subito incardinato la richiesta di separazione”. Richiesta che ha dato il là a tutta la vicenda processuale, sentendo le parti e anche i testimoni, familiari e amici che avevano assistito a scene in cui l’uomo aveva agito con violenza nei confronti della moglie. Processo che si è concluso negli scorsi giorni, quando il giudice del Tribunale di Spoleto, Elisabetta Massini, ha pronunciato la sentenza definitiva, con la quale – come anticipato – il folignate è stato condannato a tre anni e sei mesi di reclusione ma anche al risarcimento danni e al pagamento delle spese legali. Per l’uomo l’avvocato difensore ha chiesto l’ammissione ai lavori socialmente utili, come pena alternativa al carcere.
“All’epoca dei fatti – commenta ancora l’avvocato Mannaioli – non era stata predisposta nessuna misura cautelare, né l’allontanamento, dal momento che non c’era ancora il ‘Codice rosso’, né tutte le normative introdotte negli ultimi anni per disciplinare i casi di violenza di genere. L’imputato, da parte sua, aveva tentato più volte di riavvicinarsi alla mia assistita, molestandola con continui messaggi e telefonate, fino a quando non è stato obbligato dai servizi sociali ad intraprendere un percorso di recupero all’interno del Serd. A quel punto si è calmato, nonostante l’atteggiamento sia rimasto sempre molto ostico e prevaricante tanto nei riguardi della moglie quanto in quelli delle figlie, anche durante il processo. Sono felice del giudizio a cui siamo giunti – dichiara in conclusione Daniela Mannaioli – perché la pena comminata dal giudice Massini è stata emblematica, applicando in maniera pedissequa la norma a tutela delle donne vittime di maltrattamenti, nonostante il fatto fosse precedente all’introduzione del ‘Codice rosso’. È stata una vittoria importante, anche se da un punto di vista umano resta l’amaro nel constatare che possano accadere fatti simili all’interno di una famiglia, da parte di un marito e di un padre che dovrebbe proteggere la moglie e i figli e che invece si rivela un carnefice. E, purtroppo, sono sempre più numerose le ragazze e le donne che si trovano a vivere situazioni terribili come questa”.