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Pasqua, il vescovo pensa ai giovani: “Flagellazione degli affetti e lavoro la loro Via Crucis”

Pubblicato il 14 Aprile 2019 07:25 - Modificato il 5 Settembre 2023 15:04

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Dopo l’intervento di monsignor Gualtiero Sigismondi sulla situazione della ricostruzione delle chiese apparso ieri su queste pagine, oggi pubblichiamo il resto dell’intervista che il vescovo di Foligno ha rilasciato a Radio Gente Umbra. Come consuetudine, il vescovo Sigismondi ha parlato ai microfoni dell’emittente radiofonica a ridosso delle festività pasquali e si è rivolto anche ai politici in vista delle elezioni del 26 maggio prossimo. Tra le tematiche toccate nell’intervista anche la situazione dei giovani e dei migranti.

Nella sua recente visita a Loreto, Papa Francesco è tornato a parlare del Sinodo dedicato ai giovani, firmando l’Esortazione post-sinodale. La frase conclusiva recita così: “Quando arriverete dove noi non siamo ancora giunti, abbiate pazienza di aspettarci”. Questo è quello che il Pontefice dice ai giovani, con questi ultimi non più in panchina, ma protagonisti.

“Questa è una frase pasquale, che il Papa trae dal Vangelo di Giovanni quando, il mattino di Pasqua, Pietro e Giovanni corrono al Sepolcro. Giovanni è giovane e arriva per primo ma non entra, aspetta Pietro a cui il Signore ha affidato le chiavi. Bellissima questa immagine, con il Papa che chiede ai giovani di saper sopportare il passo stanco degli anziani, talvolta il passo anche lento della Chiesa, per intercettare il loro linguaggio e annunciare senza scrupoli e senza sconti il messaggio del Vangelo.

Giovani protagonisti sì, ma camminando insieme agli adulti che possono offrire la loro esperienza, la loro maturità di vita. Anche sul fronte delle nuove tecnologie, i giovani possono insegnare tanto agli anziani, ma hanno pur sempre bisogno dei più grandi per essere guidati…

Nel Sinodo, come ribadito anche dal Papa, viene sottolineata l’importanza di non dire ‘Chiesa e giovani’. Quella ‘e’ non deve esistere. Non è nemmeno giusto dire la ‘Chiesa per i giovani’, ma ‘con’ i giovani. Nella Chiesa non ci si deve fermare solamente a immaginare come intercettare i giovani, ma perché avvicinarli, intercettando non solo le loro domande, ma imparando anche dal loro linguaggio. Credo che su questo punto, come dice il Papa, siamo indietro. E’ per questo che chiediamo ai giovani di aspettarci, perché da loro possiamo apprendere e allo stesso tempo possono scoprire il grande patrimonio offerto dagli anziani.

Parliamo di lavoro, che spesso viene visto come motivo di esclusione per i giovani. Papa Francesco ha chiesto un maggiore impegno alla politica.

A margine del Sinodo mi sono dedicato a scrivere una sorta di Via Crucis dei giovani, perché ci sono diverse stazioni. La prima stazione è quella della flagellazione degli affetti familiari, delle relazioni con i genitori o alla loro separazione. Altra stazione della Via Crucis dei giovani è la loro deposizione nel sepolcro della disoccupazione. Una delle amarezze più grandi per me, è quando capitano dei giovani che mi dicono che sono costretti a lasciare nostra città per cercare lavoro altrove. Dal lavoro dipende il pane e la casa: queste sono tre realtà che non possono mancare. Spesso, non trovando lavoro, i giovani non possono immaginare il futuro. Quando un giovane parte, è come se un colpo durissimo venisse inflitto al corpo della nostra città.

I giovani hanno comunque mostrato di tenerci al loro futuro, sapendolo anche immaginarlo. E’ il caso della questione ambientale, con la lotta per la salvaguardia del creato che è partita proprio dai giovanissimi.

“Il 15 marzo di quest’anno è diventata una data storica, proprio per questa mobilitazione mondiale di tutti giovani che ci hanno supplicato di lasciare loro in eredità il mondo, così come noi più anziani lo abbiamo ricevuto dai nostri padri. E’ stato un appello bellissimo ed un invito anche ad unire il lavoro non con il profitto, che molto spesso è causa dei disastri ambientali, ma con il bene comune. Quando si cerca il bene comune si raggiunge l’obiettivo di assicurare a tutti il pane, la casa e il lavoro, ma soprattutto di conservare la bellezza del creato. Anche in questo Francesco è stato un profeta con il suo documento ‘Laudato Si’, con il quale ha lanciato l’allarme prima ancora che il mondo si svegliasse”.

Eccellenza, siamo entrati nella Settimana Santa. Come si sta preparando e come dobbiamo prepararci?

Attendo questo momento, vertice dell’anno liturgico, con immenso entusiasmo. Sono consapevole che dentro la grazia della Settimana Santa, il Signore mi farà arrivare anche le idee e i pensieri che potrò comunicare alla comunità di cui sono pastore. Per me la domenica delle Palme è come il grande portale di una cattedrale, dove incontriamo subito la messa crismale, che quest’anno verrà celebrata mercoledì alle 21 nella chiesa di San Giacomo per permettere ai fedeli di essere presenti. Poi inizia il grande Triduo. Ognuno dei suoi momenti rappresenta un’immersione nell’oceano di grazia e di pace che è la Pasqua del Signore. La Chiesa, nonostante le difficoltà che affronta anche in questo momento storico, esiste perché deve amplificare in tutto il mondo l’Alleluia pasquale. Il Signore ha imposto alla morte un limite invalicabile. Mi piace dirlo con una battuta: ‘la morte, sfacciata, a Pasqua ha perso la faccia, ovvero il diritto di dire l’ultima parola’. Per quanto riguarda il Venerdì santo, quest’anno sarò a Colfiorito. Per il sistema dell’alternanza, lo scorso anno ho seguito la Via Crucis a Fiamenga, quindi ora tocca a Colfiorito”

Gesù ci ha insegnato il grande valore dell’amicizia, soprattutto nel periodo pasquale. Ne è un esempio questa frase: “Le sue braccia aperte sulla Croce, sono il segno più prezioso di un amico capace di arrivare fino all’estremo”. Nella nostra società è così nei confronti di chi ci chiede aiuto e arriva dal mare?

“Amare fino alla fine, tutti. Dobbiamo renderci conto che non possiamo alzare muri: siamo tutti migranti. Non dobbiamo neanche dimenticare che nelle nostre famiglie abbiamo avuto qualcuno che ha lasciato la nostra terra per andare Oltreoceano. Non possiamo permetterci di dimenticare che chi bussa alle nostre porte è un fratello che va accolto. L’accoglienza domanda responsabilità, consapevolezza di tanti elementi, ma sarebbe estremamente grave che ci fosse una chiusura: sarebbe un’offesa al Vangelo e al DNA della nostra umanità”.

Nella sua omelia per San Feliciano aveva presentato il decalogo del buon politico. Una tematica da rispolverare e di grande attualità proprio ora, a ridosso delle elezioni in città.

“Ho fatto quell’intervento quando eravamo ancora lontani dal periodo elettorale e l’ho fatto con assoluta libertà, per indicare a tutti coloro che intendono impegnarsi nella carità politica, di ricordarsi di servire il bene comune. Quando si raggiunge una responsabilità così delicata, come quella del servizio nelle pubbliche istituzioni, non bisogna pensare alle prossime elezioni con la speranza di essere rieletti, ma di pensare al bene dei cittadini. Quel documento lo ho pensato per ciascuno, con cuore aperto. Mi farebbe immenso piacere che tutti coloro che hanno deciso di impegnarsi in questa campagna elettorale, lo possano fare meditando sul mio testo. E’ una confessione del vescovo che ricorda a tutti che prima di ogni cosa viene il bene comune”.

Fabio Luccioli
Fabio Luccioli
Direttore di Radio Gente Umbra e Gazzetta di Foligno

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